lunedì 25 maggio 2015

NIBIRU - Intervista



Nella campagna alessandrina lo scorso 10 maggio si è svolta la prima edizione dell'Argonauta Fest, un’occasione che ci ha permesso non solo di apprezzare dal vivo le band che in questi mesi abbiamo recensito ma anche, con alcune di loro, di scambiare impressioni e stati d’animo.

Tra i gruppi che maggiormente stanno catturando l’attenzione di molti ascoltatori ci sono i Nibiru, ovvero un insieme di vibrazioni che nascono dalle viscere della terra per esplodere in un vortice di suoni.

A parlarci di loro e della loro musica sono gli stessi protagonisti Ardath, Siatris e Ri.

LFdM: Ciao ragazzi, prima di iniziare un doveroso saluto da parte della mia socia Dora che è anche l’autrice della recensione che avete di recente letto sul nostro blog del vostro ultimo album “Padmalotus”, e che ci teneva, visto che non è qua, a mandarvi i suoi saluti.
NIBIRU: CIAO DORA grazie di cuore per le parole!

LFdM: Benissimo, premetto subito che non sono una giornalista, pertanto, rispetto agli addetti ai lavori, non andrò alla ricerca delle piccole sottigliezze tecniche, ma l'intervista sarà un po’ più viscerale ed istintiva. Parlando di “Padmalotus” la prima sensazione che mi ho avuto è stato questo senso di libertà, come se le canzoni fossero uscite ed incise subito su nastro, senza studi particolari, aggiustature ecc… cose che si fanno abitualmente in uno studio di registrazione alla fine. Ecco, qualcosa che non è stata studiata a tavolino prima.
Ri: Assolutamente l’impressione che hai avuto è proprio quella. Noi non confezioniamo niente, né tanto meno partiamo con un’idea predefinita in testa, tutto ciò che avviene in quel preciso momento in cui ci troviamo assieme viene trasformato in suono.  Ovviamente si ottiene il buono ed il cattivo, quello che ci convince al momento viene tenuto mentre il resto viene scartato o riascoltato in seguito per capire se effettivamente è roba da buttare. Sicuramente il fattore immediatezza gioca un ruolo fondamentale.

LFDM: Quindi il vostro suono è frutto dell’improvvisazione o della sperimentazione. Faccio questa domanda perché oggi ritengo che vi è un notevole abuso della parola “sperimentazione” che fa perdere di valore al reale significato della parola stessa.
RI: Assolutamente è figlio dell’improvvisazione, di sperimentazione nella nostra musica ce n’è veramente molto poca, è quasi assente ad essere onesti. Anche se rispetto a Netrayoni questo album ha pezzi più strutturati rispetto ai precedenti, non sarebbe stato di fatto possibile ripeterci o riproporre anche solo lontanamente lo stesso suono, l’unica cosa che abbiamo affinato, diciamo cosi, è stata quella di conferire a questa improvvisazione una struttura più solida rispetto agli album precedenti.
Ardath: Ripetere Netrayoni sarebbe stato impossibile, nel senso che non sapevamo nemmeno noi cosa stavamo facendo. Netrayoni è figlio di una situazione, cosi come tutte le nostre canzoni e tu non puoi riproporre qualcosa che è unica nel suo genere. Violentarci per riprodurre la stessa cosa sarebbe stata una presa in giro prima nei nostri confronti poi verso il nostro pubblico. Potrebbe anche succedere, magari fra tre anni capiterà di nuovo chissà.

LFdM: Quindi possiamo parlare di un'urgenza più personale che non musicale?
RI: No personale non direi, non abbiamo detto “adesso facciamo un disco più strutturato”, semplicemente dai riff, dai giri che sono venuti fuori, l’album ha assunto una corposità di più tecnica, ma prendilo sempre con il beneficio del dubbio, perché comunque l’improvvisazione rimane la stessa. Ci siamo ritrovati fra le mani dei pezzi più strutturabili, registrati sempre in presa diretta e ce li siamo immaginati come potevano suonare con queste sovraincisioni, che rimangono pochissime e comunque più definite dall’uso dei synth, piuttosto che campionate.

LFdM: Quando registrate o pensate ad un pezzo, la vostra idea principale è quella di una riproduzione precisa da studio o di un'interpretazione da riproporre live?
Ardath: Live assolutamente, il nostro studio di registrazione è un non-studio, quando registriamo il nostro pensiero va subito all’esibizione live, l’intensità è e deve essere la stessa.

LFdM: Beh è piuttosto inusuale ed importante per una band se consideriamo la durata dei brani, i vostri sono molti lunghi quindi occorre fare un grosso lavoro per non, passatemi il termine, annoiare il pubblico.
Ardath: Devono essere canzoni in grado di coinvolgere il pubblico, il tempo diventa relativo e devi avere la capacità di fermarlo o farlo scorrere in modo fluido.

LFdM: Sì me ne sono accorta, quando si ascoltano le vostre canzoni il tempo perde il suo significato è come se foste in grado di annullarlo e questo obbiettivo credo che sia stato centrato in pieno.
RI: Ottimo, ti ringrazio e sono d’accordo, alla fine il tempo si dilata o si annulla semplicemente perché esiste, se non esistesse non saremo qui adesso. Sicuramente non accettiamo le imposizioni, questa è stata anche la scelta nei precedenti album di autogestirci, perché non avremmo mai accettato delle imposizioni o delle cose predefinite. Fortunatamente per questo album abbiamo trovato una persona, come Gero, che consapevole di questo ci ha lasciato molta libertà di espressione in questo senso.

LFdM: L’alchimia. E’ stata una delle domande che ho posto a Gero quando ho avuto occasione di intervistarlo, riuscire a trovare quell’equilibrio fra etichetta e band che va oltre la semplice richiesta di mercato, che oggi giorno è praticamente inesistente perché la maggior parte delle persone non sa cosa vuole, cosa cerca, prende tutto (o quasi) per buono soprattutto se questo ha un forte impatto a livello di immagine. Lo vedo quotidianamente, la musica viene messa in secondo piano rispetto all’immagine che una band (consciamente e furbamente) vuole trasmettere.
RI: Assolutamente d’accordo. E' molto facile accontentarsi e prendere per buono tutto quello che ti viene proposto ed è estremamente facile oggi etichettarsi.

LFdM: Soprattutto voi non assomigliate a nessuno ed è un altro aspetto da non sottovalutare, perché è altrettanto facile mettere sul mercato un prodotto dove la prima cosa che viene evidenziata è l'appartenenza, il famoso asso nella manica che ti permettere di acquisire a priori quelle 100 copie senza nemmeno averlo ascoltato, è un po' come se dicessero di voi che assomigliate ai Black Sabbath solamente perché le vostre influenze provengono dagli anni '60 e '70.
RI:  Secondo me c'è un discorso anagrafico che è imprescindibile, visto che nessuno di noi è più un ragazzino, credo che alla fine il prodotto che abbiamo ottenuto non sia altro che l'aver portato all'interno del nostro lavoro inconsciamente le nostre influenze giovanili, dall'heavy metal al death, dall' industrial e dark wave degli anni 80, tutto lì. Ripeto, inconsciamente, perché di conscio nella nostra musica non vi è assolutamente niente.

LFdM: Ammetto che avevo un po' di timore a citare certe influenze parlando della vostra musica solo perché quando ami un certo genere musicale, vedi la dark wave, si tende a percepirlo anche laddove non c'è in realtà, quindi sono contenta di questa conferma, soprattutto perché avete fatto vostro una piccola parte di ognuno di questi generi. Un altro aspetto interessante nella vostra musica è il linguaggio che utilizzate per i testi. Come e dove nasce quest'idea? Sempre che dietro ci sia un'idea ovviamente.
Ardath: L'idea è nata quando abbiamo iniziato a lavorare su Caosgon, serviva qualcosa che potesse legare con la nostra musica, che avesse maggiore libertà gestionale, fonetica e di espressione. Abbiamo iniziato a provare e l'enochiano e si è inserito perfettamente, è anche molto ritualistico come la nostra musica, ma nemmeno questo è stato voluto.
Siatris: Sinceramente non mi ricordo nemmeno quando lo abbiamo scelto. Semplicemente quando abbiamo finito ed abbiamo riascoltato i brani ci stava. È avvenuto tutto in modo molto naturale, come la vita, senza dover pensare a come farlo o quando farlo, abbiamo svuotato la mente e l'abbiamo fatta correre ed è anche quello che ci ha unito fin dall'inizio.

LFdM:Sotto certi aspetti mi ricordate molto alcune band nord europee. Alcune delle vostre caratteristiche si avvicinano molto di più al nord Europa anche come mentalità che non al nostro paese o comunque ai paesi latini. Anche perché in nord Europa avevano già fin dai primi anni 70' iniziato a fare un certo tipo di musica simile al vostro, qua ancora non c'è nessuno.
RI: Assolutamente si. Ti faccio un esempio banale ma che rende l'idea, praticamente in tutte le nostre recensioni, viene menzionato il genere krautrock degli anni settanta, ti posso assicurare che nessuno di noi tre ha un disco krautrock in casa, questo ti fa capire quanto la cosa sia venuta spontanea e quanto sia difficile per gli addetti ai lavori darci un'etichetta, che può anche starci se devi, in un certo senso, instradare gli utenti.

LFdM:  La mente di tutto questo è unica o ognuno ha la sua parte?
RI: Unica, musica, parole vengono assemblati assieme, a parte i testi che li gestisce Ardath, il resto può nascere da un giro di basso piuttosto che da un synth.
Ardath: Ecco perché, come dicevano all'inizio è difficile riprodurre Netrayoni, sarebbe come fare un concerto completamente improvvisato, è un disco che ha un inizio ma non ha una fine, mentre già Padmalotus ha il suo finale, potremmo rifarne alcune di canzoni da Netrayoni e saremmo sicuramente in grado di farlo, ma non avrebbero le stesse vibrazioni.

LFdM: Voi attingete molto anche dalla cinematografia horror, specie quella grande italiana degli anni '70. Questo anche in funzione di una eventuale scelta per un video o no?
RI: Siamo molto legati ad un certo tipo di filmologia italiana, un po' più limitati sulla questione video a dirla tutta perché tendono un po' a bannarci, visto che per qualche scena saffica la censura ci ha colpiti nonostante si trovi in giro video ben più osceni, ma va bene cosi.

LFdM: Diciamo che ce la facciamo andare bene dai sarebbe inutile questionare sul niente direi. E per il domani?
Ardath: Da Padmalotus sono avanzati almeno quattro pezzi che abbiamo dovuto lasciar fuori altrimenti diventava un album doppio, quindi dal punto di vista produttivo stiamo andando ancora a mille.
RI: Ovviamente l'urgenza di accendere gli amplificatori e vedere cosa viene fuori c'è ancora, fermare l'attimo, siamo curiosi anche noi di scoprire cosa potrà succedere, chissà magari quattro alcun in quattro anni, tutto è possibile.

LFdM: Rispetto a moltissime band siete arrivati al successo ad un'età già avanzata, è stato la realizzazione di un sogno?
RI: Beh tutti noi abbiamo iniziato molti anni fa, ma sì, penso di poter parlare a nome di tutti, una sinergia come adesso non c'è mai stata quindi è stata sicuramente una realizzazione sia dal punto di vista personale che musicale importante che doveva venire fuori ora ed cosi è stato.

LFdM: Ragazzi che dirvi, grazie mille e ci vediamo tra poco sul palco.
NIBIRU: grazie a te.


Michela  

"Padmalotus" recensione Qui
Argonauta Fest photo gallery Qui

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