giovedì 5 novembre 2015

ESCAPE THE FATE - Hate Me Review

HATE ME


Release Date: 30 ottobre 2015

Label: Eleven Seven Music /Warner.

Tracklist:
1.Just a Memory
2.Live For Today
3.Remember Every Scar
4.Breaking Me Down
5.Alive
6.Get Up, Get Out
7.Hate Me
8.Les Enfants Terribles
9.I Won’t Break
10.Let Me Be




"Hate Me", a dispetto del titolo, è un album che non dovrebbe fare troppa fatica a farsi amare dai sostenitori degli Escape The Fate che, ad oggi, dei membri fondatori possono vantare solo Robert Ortiz alle percussioni. La line-up, a parte Craig Mabbit che sostituisce il turbolento Radke già dal 2008, al momento è composta da TJ Bell (chitarra ritmica e cori), da Kevin "Thrasher" Gruft (chitarra solista) e dal turnista Max Georgiev (basso).

Sin dalla opening track l'energia e la rabbia della band di Las Vegas sono percepibili dal growl di Mabbit e dal veloce ritmo incalzante e potente di Ortiz.

La track successiva è meno veloce, la linea vocale si è liberata dal ringhio feroce, i cori sono più blandi, ma il messaggio delle lyrics e la melodia restano nella testa: stesso effetto, se non superiore, lo si può rilevare nei cori di "Remember Every Scar" e "Breaking Me Down", entrambe molto gradevoli, che ricordano un po' i primi Black Veil Brides. Si torna a picchiare con "Alive" e poi con "Get Up, Get Out", in cui torna anche il growl e un sound che ricorda lontanamente i Linkin Park più “catchy”.

La title track è davvero ben riuscita, cattiva, rabbiosa e punta dritta al cuore, sparando testi, sezione ritmica e refrain con un motivo impossibile da dimenticare.

Inquietante, apocalittica e struggente, "Les Enfants Terrible" fa riflettere e accapponare la pelle, quindi, se durante l'ascolto un pizzico d'angoscia si dovesse impadronire di voi, sappiate che è un effetto collaterale contemplato. "I Won't Break" ha qualcosa che mi ricorda il Cattivo Maestro per eccellenza, ditemi se la sezione ritmica non vi ricorda vagamente Disposable Teens. "Let Me Be" è una ballad molto godibile, anche se a mio parere strizza un po' troppo l'occhio al pop, almeno fino a quando due belle schitarrate ci ricordano che non stiamo ascoltando Britney o Katy. 

Nell'edizione deluxe con "Red Line" si torna a ragionare, sebbene sia una delle tracce meno interessanti finora. Salverei i cori e le chitarre, entrambe caratteristiche molto ben curate in fase di produzione dell'album. Non male anche "End Of The World", ma personalmente non ce la faccio proprio ad apprezzare appieno le versioni dicotecare Mozaix Remix di "Just a Memory" e "Live For Today", troppo bombastiche, esagerate, direi, ma potrebbe pure essere che sia io a essere già troppo vecchia per questo.

7,5/10
Margherita Realmonte (Meg) 



Gli Escape The Fate saranno in Italia per due date:
05-02-16 Milano, Legend Club

06-02-16 Pordenone, Deposito

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EAGLES OF DEATH METAL - Zipper Down review

Zipper Down



Release Date02 ottobre 2015

Label: T-Boy Records

           Universal Music


Track list:
Complexity
Silverlake (K.S.O.F.M.)
Got a Woman
I Love You All the Time
Oh Girl
Got the Power
Skin-Tight Boogie
Got a Woman" (slight return)
The Deuce
Save a Prayer (Duran Duran)
The Reverend



La premiata ditta Hommes e Hughes, altrimenti noti come Eagles Of Death Metal, con il nuovo lavoro, "Zipper Down", uscito agli inizi del mese scorso per la T-Boy Records, ha fatto ancora centro.

Seppure della durata totale di appena una trentina di minuti, l'album scorre via gradevolmente, presentandoci 11 tracce piuttosto omogenee, di cui una reprise e ben 4 covers, tra le quali spicca senza ombra di dubbio la coraggiosa "Save A Prayer", una delle pietre miliari dei Duran Duran, rivisitata e corretta, in una versione più cazzara e abbastanza stravolta che rimane, però, sempre riconoscibile e cantabilissima. 

Dal primo all'ultimo, il duo di Palm Springs inanella una serie di godibili pezzi dal sapore un po' vintage negli arrangiamenti e nella sezione ritmica; eh sì, che non gliene vogliano i rockers più incalliti e conservatori, ma sembra proprio che in questo album i due abbiano riscoperto l'indiscutibile fascino dei synth ottantiani, aspetto che, probabilmente, li renderà più melliflui agli orecchi dei sostenitori di un hard rock tosto e ruggente. 

Tra le tracks più stuzzicanti sicuramente "Complexity", "I Love You All The Time" e "Oh Girl", che poi sarebbero quelle coverizzate dall'album solista dello stesso Hughes, Honkey Kong, del 2011. 
"Silverlake", "Got The Power" e "Skin-Tight Boogie", sono interessanti tutte e tre per motivi diversi. Notevoli anche "Got A Woman", "The Deuce" e "The Reverend", pezzo di chiusura di un album che si difende bene, mantenendo alto il ritmo, sempre veloce e coinvolgente, che fa breccia soprattutto in pezzi come "I Love You All The Time", con quel suo francese accattivante e spiritoso allo stesso tempo e come l'opener, che riesce a farci perdere la testa in una serie di vorticose volute di fumo, che finiscono col trascinarci senza pietà nel pieno del groove più sudato e sfrenato.

A tutti quelli che storcono il naso, non sapendo bene come collocare, come etichettare questa band, mi permetterei di far osservare che, dopotutto, quel che conta è sempre la capacità di farti muovere il culo, quindi...qualunque “cosa” facciano, la sanno fare e la fanno bene! Buon ascolto, invece a tutti gli altri, a quelli che si prendono meno sul serio e che amano stare al di fuori degli stereotipi. 

7/10 
Margherita Realmonte (Meg) 

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mercoledì 4 novembre 2015

Hautajaisyö - "Hautajaisyö album"

"Hautajaisyö"


Release date: October 31st 2015



Track list:
01. Jokainen kuolee vuorollaan
02. Päänsärkijä
03. Minä Olen Vain Puu
04. Aamulla Vainaa
05. Uneenkuiskaajat
06. Pirun Pesä
07. Mieleni Varjoissa
08. Köysi
09. Tämän Vainajan Tähden








Anche se la scelta della data di pubblicazione non brilla per originalità, per questi novizi del metal finlandese possiamo anche chiudere un occhio.

Dopo aver navigato a vista nelle torbide acqua del thrash metal, con l’omonimo album “Hautajaisyö” che in finlandese vuol dire notte funerea, il gruppo ha preferito affidare il proprio tormento alle gelide acque del death metal Baltico. 

C’è ancora molta inesperienza nella ripetizione dei brani, ma gli strumenti ci sono e sono ben concentrati nello svolgere il proprio compito. Il suono scivola lento nelle fosche paludi già guadate da band come Behemoth o Darkthrone, imbattendosi qua e là in vecchi refrain speed metal responsabili, a più riprese, di un ritmo più esasperato.

Dilaniante come una belva feroce e dirompente come un vulcano in eruzione, la batteria si inserisce perfettamente aiutando le chitarre a cesellare riff semplici ma efficaci.
Una voce profonda e gutturale ci trascina verso l’oscurità, aiutata in parte, dal cantato in finlandese che per la sua particolarità, rappresenta il perfetto connubio tra suono ed immagine.

Mano a mano che l‘album prosegue si ottengono ritmi sempre più frenetici e distorti, preludio ad una seconda parte del disco molto più profonda e meno ripetitiva.

Come uno sciamano che irretisce la folla recitando il suo mantra, “Hautajaisyö” ci assolverà dai nostri peccati facendoci sprofondare nella disperazione più profonda appagando la nostra anima.

7.5/10
Michela





Line-Up:
J.Partanen Vocals
S.Pirskanen Guitar
S.Kettunen Bass
S. Leinonen Drums

martedì 3 novembre 2015

Skindred - Volume

"Volume"


Release date: 30 ottobre 2015


Track List
1) Under Attack
2) Volume
3) Hit The Ground
4) Shut Ya Mouth
5) I
6) The Healing
7) Sound The Siren
8) Saying It Now
9) II
10) Straight Jacket
11) III
12) No Justice
13) Stand Up
14) Three Words


Lungi dall'essere uno slogan pubblicitario, Pump Up the volume è la reazione più naturale non appena si inserisce nello stereo il nuovo disco dei gallesi. Nessuno stupore, dunque, che il tour europeo in partenza ai primi di novembre con due tappe previste anche in Italia giochi simpaticamente con il titolo dell’album da promuovere.

Fin dalle prime note del singolo nonché opener "Under Attack" è davvero impossibile rimanere seduti: si tratta di una partenza col botto, in cui chitarre e groove sono protagonisti assoluti di una scena futuristica da attacco extraterrestre. Si attesta su ottimi livelli anche la title-track Volume, in cui risulta ancora più marcata la componente crossover. 

"I", primo dei tre brevi intermezzi disseminati fra le quattordici tracce, riesce nel giro di pochi secondi a trasportarci con la fantasia su una spiaggia della Giamaica, mentre "Sound The Siren" ha una intro che strizza l’occhio ai Rage Against The Machine e col suo ritmo incalzante, quasi nevrotico, trasmette molto bene la sensazione di emergenza anche grazie alla voce urlata di Benji Webbe. 

L’estrema versatilità degli Skindred si nota anche nel refrain accattivante di "Saying It Now" e nei numerosi cambi di tempo di "Straight Jacket", brano in cui il batterista Arya Goggin pesta particolarmente duro. 

La triade conclusiva composta da "No Justice", "Stand Up" e "Three Words" è un perfetto riassunto dell’intero lavoro, ovvero un connubio vincente di rap, reggae e metal.

Consigliatissimo ai nostalgici del crossover ben suonato ma anche agli amanti dei quattro salti in discoteca che non vogliono vedere l’hardcore nemmeno col binocolo. 

Quindi…alzate il volume, si balla!

7,5/10
Bene "The Sentinel"

Line Up:
Benji Webbe: voce
Mikey Demus: chitarra
Dan Pugsley: basso
Arya Goggin: batteria
Dan Sturgess: dj
Link:



DIABLO - Silvër Horizon

SILVER HORIZON

LabelSakara Records

Release: 30 October 2015

Tracklist:
01. The Call
02. Isolation
03. The Serpent Holder
04. Into the Void  
05. Illuminati
06. Prince of the Machine
07. Silver Horizon
08. Savage
09. Corium Black
10. Voyage to Eternity



Aggressivo, prepotente, perfino ambizioso. Il metal è sempre stato capace di catturare diverse facce della musica, quella che vuole emergere a tutti i costi, quella che non si cura degli altri e che va avanti per la sua strada, ma anche quella che non teme di prenderti a calci nel sedere se è necessario e i Diablo, band finlandeseche il metal lo hanno nel sangue, sembrano voler fare esattamente questo: usare la musica per prendere a calci tutti quanti annullando questi lunghissimi anni di silenzio che li hanno portati lontano dal loro ambiente naturale.

Sono passati ben otto anni dall'ultimo album della band, ma oggi il quartetto ritorna con un progetto davvero ambizioso che suona come la promessa di un riscatto da questa lunga assenza.

Trovando l'ispirazione in un romanzo di fantascienza della fine degli anni '50 dal titolo Aniara, scritto dal premio nobel svedese Harry Martinson, Silvër Horizon è la quintessenza di un metal che si spinge nella parte più dura ed oscura della sua anima musicale portando quasi all'esasperazione riff incalzanti e martellanti, sostenuti da una certa rozzezza della voce che aumenta l'essenza truce di ogni traccia, dove una batteria praticamente perfetta fa sfoggio di sé dandoci il ritmo per un forsennato handbanging.

A volte aspettare un album fa davvero bene, soprattutto se quell'attesa è ricompensata da una musica infernale che suona come la promessa di un futuro ancora ricco di metallo incandescente!

7/10
Dora 


Rainer Nygård – vocals, guitar
Marko Utriainen – guitar
Aadolf Virtanen – bass
Heikki Malmberg – drums

lunedì 2 novembre 2015

IVANHOE – 7 DAYS review

"7 DAYS"                      

Label: Massacre Records

Release Date: 16.10.2015

Track List:
1. Alert (Instrumental)
2. Light Up The Darkness
3. No Sorrow
4. See The Truth
5. Overrun
6. Innocent
7. 7 Days
8. Dancing With A Ghost
9. The Great Admit
10. Last Warning
11. Left Behind
12. Whipping The Flies (Bonus)

Artwork by Sua Balac

Non è mai facile mantenere una propria identità musicale quando questa viene costantemente messa in discussione con numerosi cambi di line up all'interno della band. 

I suoni iniziano a subire una lenta ed impercettibile metamorfosi, destinati col tempo a manifestarsi in tutta la loro debolezza ed imperfezione. Si ottiene cosi è un vortice di melodie cacofoniche e riluttanti ad assumere una certa progressività, con note portate allo spasmo senza trovare una fine.

Con il loro settimo album, i tedeschi Ivanhoe difettano ancora una volta di autenticità, andando a pubblicare un lavoro che mostra più un’urgenza discografica che personale nel suo rilascio.

Già la complessa e laboriosa struttura tecnica non aiuta la band, che si trova a combattere una guerra interiore tra una perfetta esecuzione progressive metal (No Sorrow) e qualcosa che assomiglia più ad una audizione per piano bar (Innocent), trovandosi a proprio agio solo su spartiti molto più power metal. Alcuni brani riescono a colpire l’ascoltatore con piccoli cambi di tempo che esaltano il ritmo grazie anche alle ottime intro di tastiera (The Great Admit), altri pur mantenendo la melodia, non trovano una grande fonte di ispirazione.

Più che mai il progressive metal è un insieme di note ed immagini che danzano all'unisono, ma deve esserci equilibrio per non cadere.

6.5/10
Michela

Line Up:
Alexander Koch - Vocals
Chuck Schuler - Guitars
Giovanni Soulas - Bass
Richie Seibel - Keyboards
Rob Kudlek - Drums

DRACONIAN - Sovran Review

SOVRAN



Release: 30 October 2015

Tracklist:

01. Heavy Lies The Crown
02. The Wretched Tide
03. Pale Tortured Blue
04. Stellar Tombs
05. No Lonelier Star
06. Dusk Mariner
07. Dishearten
08. Rivers Between Us [feat. Daniel Änghede]
09. The Marriage Of Attaris
10. With Love And Defiance [bonus]

C'è una sfumatura della musica che sa parlare direttamente all'anima umana. E' quella sfumatura che ha tinte tenui, avvolte in una nebbia che è più del cuore che non del mondo reale, sa parlare di una malinconia a volte trattenuta, altre volte celata forse proprio dietro a quella coltre di struggente dolore che va e viene come la marea di un mare in inverno, gonfio della sua stessa tristezza e delle lacrime versate che in esso si riversano fino ad agitarlo sotto un vento incessante.

C'è una sfumatura della musica che non tutti sanno cogliere e che non è da tutti riuscire a rendere visibile, ma a volte capita che qualcuno ci riesca e allora nascono album carichi di tracce che di quella sfumatura di scolorano e si arricchiscono, che proprio come quel mare in tempesta si agitano e si contorcono e che esattamente come quella malinconia si impregnano, lasciando vagare le anime afflitte in una turbolenza di note che canta con le note di un cuore spezzato.

Gli svedesi Draconian, che con Sovran lanciano anche la magistrale voce della nuova cantante Heike Langhans in sostituzione a Lisa Johanson, hanno saputo catturare tutta la struggente potenza di una malinconia senza tempo e l'hanno tutta concentrata in dieci pezzi di magistrale bellezza goth/doom/death che scorre e fluisce nelle nostre vene come un balsamo che promette di guarirci da una vita tormentata e in tumulto.

I ringhi fieri e solitari di Anders Jacobsson si fondono alla perfezione con la voce melanconica, quasi sussurrata e molto emotiva di Heike, meno teatrale ed operistica rispetto a quella della Johannson, ma proprio per questo ancora più efficace ad esprimere quel tormento e quel dolore che permea l'intero album rendendolo una piccola perla in un mare di musica che troppo spesso canta con voci sbagliate, ma che qui invece trova la sua più perfetta sintesi.

Portandoci alla deriva di un dolore che si costruisce pezzo dopo pezzo, Sovran lenisce le pene delle nostra anima dopo aver aperto ferite che credevamo essersi chiuse da tempo, ma che ora tornano a lacrimare sangue mentre ancora le melodie scure e tormentate ci risuonano nelle orecchie come un'eco disperato e bellissimo.

8/10
Dora

Line-up
Heike Langhans - vocals
Anders Jacobsson - vocals
Johan Ericson - guitars, vocals
Daniel Arvidsson - guitars
Jerry Torstensson - drums
Fredrik Johansson (I) - bass

Guest musicians
Daniel Änghede - vocals