giovedì 30 aprile 2015

Kamelot: "HAVEN" - recensione

HAVEN

Label: Napalm Records

Release Dates:
UK/NO/FR/DK/IT: 04.05.2015
USA/CAN: 05.05.2015
SE/ESP: 06.05.2015
G/A/S/Europe/AUS: 08.05.2015

Tracklist:
1. Fallen Star
2. Insomnia
3. Citizen Zero
4. Veil Of Elysium
5. Under Grey Skies
6. My Therapy
7. Ecclesia
8. End Of Innocence
9. Beautiful Apocalypse
10. Liar Liar (Wasteland Monarchy)
11. Here's To The Fall
12. Revolution
13. Haven


Ci sono band che, meglio di altre, incarnano alla perfezione un genere, un'idea, che sanno far sorgere dalle ceneri di un passato glorioso qualcosa che non solo può essere paragonato a quanto di più bello sono riusciti a creare fino ad ora, ma arrivando perfino a superarsi, trovando una nuova strada da percorrere pur mantenendosi sempre fedeli a se stessi, a quella passione che li ha sempre animati, allontanando anche il ricordo di ciò che negli anni precedenti sembrava quasi stonare, arrivando infine a risorgere come un'araba fenice, riconfermando il loro potere, quel carisma che mai li ha abbandonati, ma che molti avevano dato troppo presto per disperso.

Quando Silverthon, il precedente album dei Kamelot, il primo con la voce di Tommy Karevik in sostituzione a Roy Khan, ha fatto la sua comparsa sulle scene musicali, non tutti hanno apprezzato il lavoro fatto dalla band, forse perché la stessa interpretazione del nuovo cantante troppo si avvicinava a quella del suo predecessore, non riuscendo a trovare un suo spazio, una sua identità e vivendo, perciò, all'ombra di chi ha portato la band americana alla gloria.

Oggi, invece, gli statunitensi sono pronti a ritornare e a dimostrare che quello stesso album verso il quale tanti hanno storto il naso, un po' risentiti e pieni di dubbi sul loro futuro, non è stato altro che il terreno dal quale creare un nuovo progetto, quello di Haven, un disco che nell'anima e nelle intenzioni suona profondamente Kamelot, ma che ha anche il grande pregio di aver lasciato libera la grandissima voce dello svedese, pronto a camminare sulle sue gambe senza più paura di un confronto scomodo ed inutile.

Le tredici tracce del disco offrono una splendida performance vocale come sempre sorretta da ottimi e pregevoli passaggi sinfonici al massimo della loro forma, un esempio tra tutti può essere offerto da "Citizen Zero", ma è davvero solo uno dei tanti titoli citabili accanto anche al primo singolo scelto per presentare l'album, "Veil of Elysium", tipica canzone che rispecchia in pieno lo stile della band, con quella batteria potente, aggressiva e le chitarre sempre magnifiche ed energiche.

I Kamelot, però, non sono solo echi progressive messi al servizio di un power sinfonico sempre spinto al massimo; sono anche struggenti duetti malinconici ed accorati come quello offerto da "Under Grey Skies" nel quale la limpida voce di Karevik, sempre pronta ad offrirci virtuosismi tecnici in grado di toccare una moltitudine di note, si intreccia alla perfezione con la dolcezza e la bellezza di quella di Charlotte Wessels (Delain), regalandoci una traccia capace di stringere il cuore anche grazie alla presenza dei fiati curati da Troy Donockley (Nightwish).

Le sorprese, però, non sono finite qui e i brani successivi non fanno che confermare il grandissimo lavoro della band che si è concentrata su ogni dettaglio, dai riff orecchiabili capaci di imprimesi nella testa fin dal primo ascolto, fino alle tastiere in grado di riempire l'atmosfera di dramma ed enfasi come quelle che permeano la melodica "Here's to the Fall".

Tra le tante tracce che spiccano non si possono non nominare "End of Innocence" e "Beautiful Apocalypse", quest'ultima martellante, incalzante, così cadenzata che è praticamente impossibile non tentare di tenere il ritmo con la testa, con quel suo ritornello ottimo anche grazie a quel leggero sussurro offerto dalla voce femminile, nulla più che un sospiro che, però, aggiunge colore e sostanza.

È però "Liar Liar (Wasteland Monarchy)" a dare il colpo di grazia attraverso il growl cattivissimo di Alissa White-Gluz (Arch Enemy) che, però, ci offre anche un'ottima performance con la sua piacevolissima voce pulita dimostrando che la ragazza sa davvero fare di tutto, unitamente alle tastiere progressive, alla batteria spinta fino all'estremo limite delle sue potenzialità e alle chitarre che fagocitano tutto quanto il resto.

Dopo una parentesi decisamente tranquilla, perfetta per tirare il fiato prima del gran finale, ecco "Revolution", spaventosa e grandiosa traccia con ancora il growl aggressivo della White-Gluz che si insinua tra le parti ritmiche, tenendo testa alla voce pulita di Karevik che, però, non si fa certo intimorire dalla grinta della compagna, mantenendo sempre un livello altissimo, teso e vibrante.

"Haven" conclude l'ascolto di un disco pieno di possibilità, di ottimi spunti e di grandissimo intrattenimento. Le note dolci e sinfoniche, sempre potenti e maestose, ci riconducono in un rifugio sicuro, al riparo da ogni paura, offrendoci una strumentale che, in poco più di due minuti, alleggerisce gli animi sopravvissuti alla tempesta musicale che i Kamelot hanno creato per noi, dimostrandoci ancora una volta che, per loro, la musica non ha davvero alcun segreto.

8.5/10
Dora
Members: Thomas Youngblood - guitars.
Casey Grillo - drums.
Oliver Palotai - keyboards.
Sean Tibbetts - bass.
Tommy Karevik - vocals.

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mercoledì 29 aprile 2015

SCHWARZER ENGEL: "Imperium I: Im Reich Der Götter" recensione

SCHWARZER ENGEL "Imperium I: Im Reich Der Götter"


Pubblicazione: 24 aprile 2015

Etichetta: Massacre Records

Tracklist:
01. Götterdämmerung
02. Gott vs. Satan
03. Herrscher Der Nacht
04. Schwarzkunst
05. Ave Maria (Die Mutter Gottes)
06. Du
07. Ritt Der Toten
08. Tiefer (Muss Ich Graben)
09. Schmerz Bleibt Mein
10. Meine Liebe
11. Im Herzen Wohnt Die Trauer
12. Beuget Euch (Digipak Bonus Track)






Pur avendo origini anglosassoni, il dark/goth metal trova negli ultimi anni in Germania una nuova patria, annoverando tra le sue fila numerose band che senza infamia e senza lode portano alto il vessillo nero della casata.

Forse ancora troppo acerbo per sedere allo stesso tavolo con gli dei dell’occulto, Dave Jason, ovvero gli SCHWARZER ENGEL, mostra con orgoglio le proprie capacità di musicista e compositore.

Imperium I: Im Reich Der Götter è l'inizio di una nuova saga: un prog industrial potente come un veleno e corposo come un calice di vino rosso, con ottimi gli arrangiamenti ed orchestrazioni che strisciano sinuose dalle retrovie, serpeggiando all’interno di un suono sapientemente mixato grazie anche all'utilizzo di sintetizzatori. 

La modernità a servizio di un romanticismo d'altri tempi e, anche se a metà del disco si percepisce una leggere battuta di arresto, con ritornelli poco scorrevoli e tracce troppo lunghe, "Ave Maria (Die Mutter Gottes)" e "Tiefer (Muss Ich Graben)", come figli di un dio minore, si distinguono per un crescendo di suoni ed effetti elettronici che ristabiliscono la giusta dimensione e raggiungono in modo eccellente il compromesso tra la vita e la morte che arriva, ancora una volta, a pervadere la nostra anima piegandola al suo volere.

7,5/10
Michela

martedì 28 aprile 2015

Seigmen: Enola - recensione

Seigmen – Enola


Pubblicazione: 13 Aprile 2015

Etichetta: Indie Recordings

Tacklist:
1. Hva vi elsker
2. Trøst
3. Forevig og alltid
4. Utopia i mine armer
5. Til verdens ende
6. Tenn alle lys
7. Deus
8. Monokrom
9. I mitt hus
10. Hvit stjerne hvit støy



Si dice che certe cose non muoiono mai, che continuano a vivere dentro di noi per sempre. Chissà se Kim Ljung ha pensato a questo il giorno in cui ha deciso di incontrare nuovamente i fantasmi del suo passato. 

Dai fiordi della Norvegia i Seigmen hanno regalato, a metà degli anni novanta, qualcosa di unico che sembrava essere destinato a durare per sempre e che avrebbe meritato molta più considerazione; probabilmente qualcuno potrebbe inarcare un sopracciglio se parlassimo di Zeromancer… ovvero ciò che è avvenuto dopo.

Uscito a distanza di 18 anni dal capolavoro "Radiowaves" grazie all'etichetta Indie Recordings, “Enola” è un sorprendente viaggio introspettivo, dove la fragilità delle parole unite alla malinconica e meravigliosa voce di Alex Møklebust, si scontra contro un cuore di ghiaccio, in un toccante quanto lacerante invito ad un totale abbandono dei sensi.

Ancora una volta gli intrecci tra basso e chitarra funzionano alla perfezione: Enola non può essere considerato solo un album, ma un insieme di emozioni, il ricongiungimento con la parte più nascosta di noi stessi, in una cornice di elementi che si allontanano dallo stile dark pop degli esordi, arrivando ad un più ipnotico e cibernetico post punk. 

Ciò che rende straordinario questo lavoro, oltre all'inaspettato ritorno, è la semplicità con la quale è bastato veramente poco per scaldare un cuore e distruggerlo al tempo stesso.

Michela
8/10

Membri:
Kim Ljung - bass, vocals
Alex Møklebust - vocals
Noralf Ronthi - drums
Marius Roth - guitar, vocals
Sverre Økshoff - guitar

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lunedì 27 aprile 2015

ROSE AVALON – INTERVIEW

ROSE AVALON

‘Northern Strengths’ (Album, 2013)

Barcelona, Spain
Symphonic Folk Metal


Hi Rose,

First of all, thank you very much for the interview! It's always a pleasure talk with new voices of European musical scene.

Les Fleurs du Mal: Tell us about the band. How were you born and when?
Rose: Hello, it’s a pleasure to be here answering your questions! Northern Strengths is not actually a typical CD, because I composed the whole thing working side by side with the arranger Marcel Graell from Nowhere Music, and once the mixes were done, I forged the band to start playing live, so oficially we’re together as a band since Dec 2014

LFdM: There are main groups from which you draw more inspiration for your music?
Rose: Well, there are many styles going on in this project, tracks like Capio Mea Fides (Take my fatith) or Seven Hundred Miles were influenced by pure Symphonic Metal bands such as Within Temptation or Nightwish but for example we’ve got My Northern Star with its celtic roots or even The Moon Over Avalon which is an adaptation from a British traditional march

LFdM: Could you tell us who inspired you to become a singer? And how did you first get involve with music?
Rose: I couldn’t say who inspired me to become a singer because I sang all my life and I always loved music!

LFdM: Throughout the album, we can enjoy your voice and its different shades: how do you train your voice? 
Rose: Well, first of all i don’t drink or smoke, I try to not damage my voice with unhealthy habits and of course the best way to train my voice is never stop singing.

LFdM: Your voice seems perfectly at ease in dialogue with guitars and keyboards, for each track seems to attend a meeting between lovers: how do you create this alchemy?
Rose: Feeling the music, just feeling the music and loving what you’re creating

LFdM: Do you define yourselves a symphonic metal band or try to create your personal style? I say this because I found many gothic overtones within your tracks, so tagging you only as a symphonic band would be a bit reductive.
Rose: Well it can be a little bit reductive, but we say Symphonic Metal because the style uses to include so many branches of the “Female Fronted Metal World” otherwise we could say we make... uhmm Symphonic Folk Epic Gothic Celtic Female fronted Metal? our style is definetly full of influences so it’s hard to describe for us!

LFdM: “Northern Strenghts” is your first album full of charm, interesting rhythms, songs able to make their mark. How would you describe it? What is the story behind this concept?
Rose: The album is a combination of my emotions and thoughts, everything that is inside me

LFdM: What perfectly binds your voice with the rest of the band are the keyboards. It seems that the album has been created mainly by the marvelous white and blacks keys, isn’t it?
Rose: Yes! Totally because i composed the whole thing using my piano!

LFdM: "Life" and "Courage and Pain" caught my attention: opposing in the lyrics, the two songs are extremely different and complex. Who wrote them?
Rose: I wrote all the lyrics in this album, life is a praise to the nature to what we are in this planet, Courage and Pain is something way special, you know... unfortunatelly there are places in spain that keep calling the bullfighting a tradition, and we’re totally against them, we do not support animal cruelty and we hope it will be banned soon, it’s a cry of pain and rage and tells the story of a bull that has been raised to be killed just to make enjoy some damn cruel people... how could a person enjoy with the death of another animal? it’s just crazy...

LFdM: When talking about new bands is important to build a good feeling with the fans. What is the relationship with them? 
Rose: The relationship with our fans is getting better every day, we send cd’s all arround europe and even U.S, Canada and Japan, it’s fucking great when you see that people arround the world orders your CD and enjoys with your music.

LFdM: How do you live the experience of the live show?
Rose: Pure energy and conection with the crowd we try to give great musical quality plus the best show we can create!

LFdM:What are your plans for the future? Are you preparing to show abroad, maybe some collaboration with other bands as support group in their shows or something else?
Rose: Yes! actually 5th of april will be our first show abroad, we play on the Quinphonic Festival in Birmingham there will be 5 stunning bands that you should definetly check out! we’ll share stage with Temperance (Italy) Seventh Sin (Holland) Divided We Fall (UK) and Rainover (Spain), we’re also planning an european tour for this summer but this is of “secret” hehehe

LFdM: In general, a balance of these months after the output of your album? Are you satisfied with how things are going? Have you achieved all your goals or there is always room to grow and evolve?
Rose: Every step is important in our music career, of course we’re satisfied we never imagined that everything was going to go as fast as it was, we started playing in spain for 50 people and we ended up playing with Graham Bonnet (Ex- Rainbow / Alcatrazz) in front of more than 500 so this year has been great for the band and we thank every single person that had support us and keep listening and enjoying our music and our shows! and of course!! there’s always room to grow, this is an ambicious project and we want to be part of the international female fronted metal scene in the future, that’s our dream and we’ll work hard to get it!

Thanks a lot for your time and good luck for the future!

All the best,

Dora for LFdM
Edit by Alessandra

The line-up:
Rose Avalon – Vocals
Oscar Lelina – Guitar
Jordi V – Bass
Sergio Gonzalez – Keyboards
Albert Agullo – Drums

Prehistoric Pigs - Everything Is Good recensione

Everything Is Good


Release: 27 Aprile 2015

Tracklist:
1. Everything Is Good I
2. Universally Droning
3. Red Fields
4. Shut Up, It's Raining Yolks
5. When the Trip Ends
6. Hypnodope
7. Zug
8. Everything Is Good II




Lo stoner rock proposto dai Prehistoric Pigs è strumentale, distorto, con un sound a volte grezzo ma non per questo fastidioso o poco curato, capace di spaziare tra diverse atmosfere, da quelle doom a quelle psichedeliche, arrivando perfino a toccare influenze space che rafforzano decisamente tutto quanto il contesto, rendendolo sfaccettato e ricco di innumerevoli sfumature, forse non tutte udibili al primo ascolto, ma percepibili fin dall'inizio e capace di arricchire un album che ha davvero diversi chiavi di lettura tutte stratificate e ben equilibrate.

Il disco si apre con "Everything Is Good I", capace di imporsi immediatamente proprio per queste sue caratteristiche ricche e dense, capaci di evocare scenari diversissimi e tutto grazie alla musica, univa e grande protagonista delle otto tracce che vanno a caratterizzare questo percorso fatto di note. Ma se credete che sia tutto qui, allora aspettate di ascoltare "Universally Droning" che si veste di abiti totalmente nuovi, inaspettati, completamente diversi da quelli sfoggiati in precedenza, ma strutturalmente ed evocativamente coerenti con quella linea narrativa che i Prehistoric Pigs hanno deciso di intraprendere con questo disco. Ed ecco che poi, con una brusca virata, arriva "Red Fields", anch'essa diversa, quasi esotica nei suoi passaggi di chitarra di ottima fattura.

Lasciatevi condurre nel sabbioso deserto californiano da un basso cupo e grave, permettete alla band di condurvi fin nelle più oscure e profonde viscere della terra, attraversate il cielo stellato fino ad approdare su una delle lune di Saturno e non abbiate paura a farvi incantare da quegli assoli che tanto devono alla imperitura memoria di Hendrix, per poi farvi trascinare dagli accenti di melodie kraut rock e dai riff che richiamano uno stoner kyussiano.

C'è davvero di tutto in questo disco e ciò che manca, ovvero la voce, diventa un'assenza presente, che non ha bisogno di un microfono per esprimersi, aleggiando nell'aria senza invadere uno spazio che non è suo.

7/10
Dora

Members:
Juri Tirelli - chitarra 
Jacopo Tirellli – basso 
Mattia Piani - batteria
Maria Vittoria Pivetta – violoncello su Hypnodope


venerdì 24 aprile 2015

CHASING SHADOWMAKERS WITH APOCALYPTICA

CHASING SHADOWMAKERS WITH APOCALYPTICA



Once upon a time, more than 20 years ago, there was a band of brave Scandinavian warriors that gave the first devastating hammer blow to that wall separating classical music from rock and metal, creating a bridge between past and present, making the boundaries of music genres tremble, paving the way for other musicians like the 2 Cellos and David Garrett.

Today we have the honour and the priceless chance to meet in a phone-interview one member of this band of very talented and brilliant musicians, the Masters of Cellos, the Finnish titans able to carve powerful and stunning metal riffs out of classical four strings instruments, making them sound like Stratocasters: ladies and gentlemen please, give a warm welcome to Paavo Lötjönen of the Finnish band Apocalyptica!

LFDM: Moi Paavo! First of all welcome to Les Fleurs Du Mal Webzine. I'm Meg and I'm speaking also for the other writer of this interview, Dora, who couldn't join us today.  It's a great honour and a pleasure for us  having the chance to make you some questions. Let's start talking about the upcoming "Shadowmaker". Can you explain us the story behind this title?
PAAVO: We chose this title for the album because it can have a lot of meanings. It is not just about some sad song of love. It can be about everyone's personal everyday life. Everyone of us has experienced a person making shadows to other people's lives.

LFDM: So it has a very deep meaning. What about the main sources of inspiration?
PAAVO: Let me explain the concept behind the title a bit better. You know shadowmakers are persons who make shadows on other people's lives, it can be for example, a man making shadow on a woman's life, taking all of her joy away, or the opposite.

LFDM: So it refers to negative people...
PAAVO: Not necessarily. It could be whoever. You can be positive and nevertheless you can make shadow on people around you while you shine. It's not that simple thing.

LFDM: Yeah, pretty complicated I'd say. It can have many meanings...
PAAVO:  On another level it can refer to corporate companies taking advantage on people's lives...

LFDM: Like certain politicians and some forms of government are doing in some part of the world, in a way...
PAAVO: Yeah, but we didn't want to make it out too obvious or too clear, so all the listeners are free to have their own idea about it. It can be understood on many levels. The music is also very inspirational for us, for our inner selves. It can create something new.

LFDM: Talking about something new, what can you tell us about this choice of keeping a single singer throughout the whole album? Before you used to host many guests for the previous albums and now just one, Franky Perez. Why did you chose him? 
PAAVO: There are many reasons. You know, we came from 2 years touring, we had this sabbathic year in which we dedicted ourselves to these 2 side projects, that is the majestic Wagner Reloaded, to celebrated the German composer playing his muisc intertwined with ours, so  there was a simphony orchestra, dancers... then there was this other project called Apocalyptic Symphony, that made us combining classical and contemporary music orchestra playing all Apocalyptica's songs. So after all this we wanted something completely diferent. When we started creating "Shadowmaker" we were at a point we didn't have any record deal...

LFDM: Which could be an advantage...
PAAVO: Yeah, we were independent, with no label behind us, no pressures... we were free to do what we wanted. We didn't want to make an album to sound as massive and bombastick as Nightwish, but we wanted to create a completely different album from our previous ones, something we had never done before. We wanted a rock album! That's why we tought this time we needed a singer to record together with us, to give a sense of unity, someone who would have also promoted the album touring with us, giving the audience a positive impression. This is the first time we have a singer on tour on every gig and the people coming to our shows can feel the soul of the songs, it creates a sort of continuity between the studio and the venues.

LFDM: There are many understandable reasons behind this choice and at this point I dare to ask if Franky's going to remain as the 5th member of Apocalyptica also in the future?
PAAVO: He is, let's say, a kind of an offshore member of the band. Now he is touring with us and everything is going great. Things might not change for the next two or three years, depending on the tour, but I can't say if it is possible for him to make a longer term schedule. 

LFDM: So maybe it is too soon to consider him as a permanent member of Apocalyptica...
PAAVO: Yeah, we basically don't know what's gonna happen in the future. Until now it is all perfect and nice, he's done only 13 shows with us, but nobody knows... we'll see.

LFDM: I see. The other day I read you've been touring Mexico recently. How did the crowd react to this new situation and to the songs of the new album if you played some of them. I mean without spoiling it too much, since it is gonna be out next month (interview made on March n.d.t)
PAAVO: Yes we played "Cold Blood" and "Shadowmaker" and the reaction of the crowd was super great. We are really happy about that, since "Shadowmaker", for example is a pretty long song, nothing that radios daily program and considering that this album seems to be a combination of these 2 worlds the classical/instrumental with the rock/metal melting each other in a deeper way than usual and that the structure of the song is actually pretty complicated, we couldn't be happier than this. This gives us the strength to go on keeping experimenting with music and instruments and not being scared by shadowmakers.

LFDM: Talking about videos, when I saw the one of "Shadowmaker" on your official youtube channel I couldn't figure out if it was a collection of clips taken from a vintage black and white horror movie or if it had been shot for this song...
PAAVO: Oh, I guess you are talking about the lyrics video, not the music video. Yeah, I think it is really cool, it is like some old movies in the 20s with a really creepy atmosphere. It makes you create weird connections in your mind.

LFDM: Yeah, indeed. But I think the one for "Cold Blood" is a way better! It's really great! It was directed by Lisa Mann, wasn't it?
PAAVO: Yeah. It is a very different song from "Shadowmaker". It's more like straightforward rock, it's not that  progressive and we can say both are not properly Apocalyptica... "Cold Blood" is pretty dramatic and the director, who worked with us on another video some years ago, pointed out many beautiful things.

LFDM: It is also pretty dark and the imagery is gloomy. I find very impressive the scene when your heads are wrapped in black tissues and also those with ballerinas wearing black dresses...
PAAVO: The things you are referring to are included also on the cover artwork and in the booklet of the album.

LFDM: Really? I was just going to ask you about the album cover artwork!
PAAVO: Did you have the chance to give it a look already?

LFDM: Yeah, it's such a cool image. The white background and these two figures like carved in marble... very evocative
PAAVO:  Oh, I'm glad you like it. I curated it myself. Let me explain something, then. The two female figures you were referring to, did you notice that are disposed in a way to compose a cello with the bow? But I bet you haven't seen the booklet yet. It is structured like a sort of comic book, well, not exactly as a comic book, but there's a storyline with those two figures as main characters. There's the lady who looks like a Madonna is the shadowmaker. I would call her a domina casting her shadows over the beautiful ballerina, taking light and joy away from her. Actually the cover tells a lot about the story.

LFDM: She is the villain of the story, like the Dark Lady of the Shakespearean Sonnets...
PAAVO: Yeah, she might look beautiful but she's miserable.

LFDM:Thanks a lot for this explaination. Unfortunately our time is almost over, so I can't wait to ask you how was it sharing the stage with Metallica in San Francisco?
PAAVO: Oh, we opened for Metallica guys many times, but sharing the stage with them was a great privilege. Technically it didn't sound perfectly, there were monitors problems, but it was emotionally mind blowing. We have been knowing these guys for more than ten years now, they've been among our main sources of inspiration. We are in a close reletionship with those Metallica guys. Maybe you don't know this, but they postponed the recording of their album to let us record our own, since we chose the same recording studio and producer in the same period.
LFDM: Wow, that's great! What a cool sign of esteem and appreciation! Last question indeed now: how did you end making the new Jingle for Angry Birds?
PAAVO: Oh, that was a lot of fun. Rovio is a Finnish Company.

LFDM: I know that and Angry Birds is such an addictive funny game!
PAAVO: Yes it is. So Rovio asked us to arrange this jingle for the game. It was unexpected.

LFDM: Indeed. It is a pretty weird choice even to me...
PAAVO: Yeah, but I must say we enjoyed it a lot. Don't take it too seriously, thoug, it was a sort of joke.

LFDM: Of course! Now we have to greet and thank you Paavo for your kindness, your accurate explainations and your precious time waiting to have the chance to see Apocalptica live in Milan by the end of October?
PAAVO: Yeah! See you there then. Bye bye.

LFDM: Kiitos, see you soon

Margherita Realmonte (Meg) and Alessia Braione (Dora) Les Fleurs Du Mal


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giovedì 23 aprile 2015

Nomans Land: Last Crusade Recensione

Last Crusade

Label: Massacre Records

RELEASE DATE: 24.04.2015

TRACK LIST
1. Right To Luck
2. Sons Of The Nord
3. Victory Horns
4. Strain At The Oars
5. Dragons
6. Last Crusade
7. Warrior’s Path
8. Bereza





A quanto pare il viking metal è di casa anche in Russia, a San Pietroburgo per la precisione, città natale dei Nomans Land, pronti a conquistare la scena musicale attraverso il loro quinto album "Last Crusade", in uscita per Massacre Records a distanza di ben sei anni dall'ultima pubblicazione.

Le melodie orecchiabili, i passaggi vocali puliti e maestosi, intrecciati ad uno scream che suona come la voce dei fuochi fatui di chi è morto in battaglia, uniti ad una notevole strumentazione di tutte le tracce creano la perfetta atmosfera per un album che mostra molte delle sue potenzialità, forse anche grazie all'ottima produzione di cui si fregia il disco, avvenuta presso i rinomati Sevik Audio Studio finlandesi dove il sound grandioso e ricco è stato plasmato nel migliore dei modi.

L'album ha tutti gli ingredienti tipici di questo genere musicale: non mancano grandi cori epici, melodie magniloquenti, un suono accattivante e profondo, oltre che al tema vichingo che, in certi casi, non guasta mai, condendo tutto di quella punta di slancio eroico che non fa che arricchire l'atmosfera rendendola perfetta per il contesto nel quale si colloca.

Quelle di "Last Crusade" sono otto canzoni perfette per riassumere al meglio il genere di appartenenza e sembrano anche essere molto coerenti con la storia della band, mostrando una certa continuità nel suono e nell'arrangiamento, concreto e ben bilanciato, forse privo di grandi passaggi tecnici, magari perfino un po' semplice nella struttura musicale, ma non sempre la semplicità deve essere vista come un punto a sfavore di un gruppo, soprattutto se nel virtuosismo non si nasconde altro che una mancanza di sostanza alla quale si cerca di sopperire con arzigogolati passaggi privi di altro.

L'energia non manca di certo, l'eroismo sembra il pane quotidiano masticato dai protagonisti delle tracce ed è soprattutto "Strain At The Oars" a riassumere alla perfezione tutto il percorso fatto dalla band, teso alla ricerca di un suono personale che possa rispecchiare pienamente la loro anima e il loro modo di fare musica. Più in generale, però, le canzoni sono tutte nella media, non spiccano, ma sono piacevoli da ascoltare, confinando l'intero album in una prigione che potrebbe essere facilmente abbandonata, ma che forse non si ha il coraggio di lasciare.

Una menzione d'onore va certamente a "Breeza", traccia conclusiva dell'album, quella che più di tutte parla della Russia, anche perché è un adattamento di una canzone popolare della loro terra capace, proprio per questo, di canalizzare l'attenzione, di elevare gli animi grazie a quel coro solenne, alla chitarra ottima nel suo assolo e alla batteria ritmata e martellante che non cessa di tenere il ritmo.

Forse i Nomans Land dovrebbero concentrarsi di più su un approccio di questo genere per le loro canzoni invece che cercare di conformarsi alla massa, provando ad essere solo e soltanto la classica band vicking metal come tante ce ne sono in giro.


6.5/10
Dora




LINE-UP
Hjervard - Vocals, Bass
Ainar - Drums
Sigurd - Guitar, Clean Vocals
Alex - Guitar, Clean Vocals

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HARDCORE SUPERSTAR: "HCSS" - recensione

HARDCORE SUPERSTAR: "HCSS"


Etichetta: Gain Music / Sony

Pubblicazione: 27 aprile 2015




Track list:
Don't Mean Shit
Party 'Til I'm Gone
The Cemetary
OFF With Their Heads
Fly
The Ocean
Touch The Sky
Growing Old
Glue
Messed Up For Sure






La lunga estate…

Dopo aver pubblicato qualche album qualitativamente buono, ma non abbastanza da essere annoverato fra i migliori della band, gli Hardcore Superstar hanno deciso di aprire il baule dei ricordi e riportare alla luce quelle sensazioni e quei suoni che li ha spinti a formare una band. 

L'auto celebrativo “HCSS” torna con la mente all'estate del 1994, quando carismatici Axl Rose ed Vince Neil avevano già insediato nelle menti dei giovani rockers il seme della follia.

Senza minimamente voler riscrivere la storia del rock, “HCSS” è un disco velleitario dove l’anima sleaze viene accarezzata da suggestivi tocchi blues, che scopriamo soprattutto nella seconda parte in canzoni come FlyThe Ocean - Touch The Sky, che vanno addirittura ad omaggiare i californiani Jane’s Addiction.

Grazie anche al prezioso contributo tecnico di Joe Barresi (Slipknot QOTSA, Soundgarden, ecc), alla produzione, otteniamo un orientamento molto più melodico rispetto al passato, dove i pesanti riff sono stati sacrificati in virtù di un suono più commerciale ed immediato anche dal punto di vista radiofonico.

Sfortunatamente il disco non riesce a mantenere per tutta la durata il buon livello qualitativo, andando a colmare dei vuoti con arzigogolati arrangiamenti slegati con il cantato.

Possiamo comunque dire che “HCSS” ha sicuramente delle buone potenzialità per rimettere in pista un gruppo che sembrava aver perso lo smalto, ma meritevole di essere annoverato tra le chicche di questo primo trimestre.

Voto 7/10
Michela

mercoledì 22 aprile 2015

Heathen Foray - Into Battle Recensione

INTO BATTLE

Label: Massacre Records

Release: 24 Aprile 2015

TRACK LIST
1. Fight
2. Silence
3. Wofür Ich Streit
4. Tír na nOg
5. Unthinking
6. Knüppeltroll
7. Freundschaft
8. Wigrid
9. Winterking (Acoustic) (Hidden Track)



Prendete la mitologia norrena, i paesaggi sconfinati, i cambi di battaglia, gli eroi e i guerrieri, i bardi che vanno di contrada in contrada a narrare storie di un antico passato; aggiungete i temi più classici dell'amicizia, quella vera, quella per la quale si è disposti a sacrificare perfino la propria vita, l'amore per la libertà, la fiamma che brucia ardente nel cuore di quegli esseri umani che ancora hanno la forza di combattere per il loro destino, pronti a raddrizzare i torti e le ingiustizie del mondo; elevate tutto questo alla misteriosa grazia del regno di feroci e sibilline divinità che manipolano e giocano con la vita dei mortali, non abbiate paura ad unirvi l'impulsività, la passione, la vivacità degli uomini accompagnata dall'immortalità della natura ed otterrete il mondo degli Heathen Foray, capaci di tradurre in suono tutte queste immagini, queste sensazioni, le suggestioni di un mondo che sembra perduto ma che non è dimenticato, sottomettendolo attraverso potenti e grandiosi riff, così coinvolgenti da non poterteli più togliere dalla testa ed assoli virtuosi di chitarre che squarciano l'aria.

Gli austriaci, che con "Into Battle" sono alla loro quarta pubblicazione, riescono ancora una volta a riunire insieme la devastante potenza che caratterizza il pagan metal asservendolo a melodie grandiose che non hanno bisogno d'altro se non di una batteria grintosa, chitarre di altissimo profilo, un basso energico e voci capaci di alternarsi tra un canto pulito ed un growl poderoso.

L'opener "Fight" è la perfetta sintesi di questa maestosità unita alla potenza, sorretta da un ritornello davvero molto orecchiabile che la rende la perfetta introduzione a questo mondo fatto di orgoglio pagano, dove il sudore si mischia alla terra e alla polvere. Anche "Silence" colpisce per quel suo growl minaccioso, le chitarre in perpetua lotta con le batterie che si continuano a contendere assoli mozzafiato.

Di base c'è una certa ciclicità e schematicità nell'approccio musicale: i riff potenti fanno da apripista a ritornelli di forte impatto, ottimi per le performance live, quando la birra scorre ormai a fiotti e non si ha bisogno d'altro se non manifestare al cielo la propria ebbra felicità, ma tutto questo, alla lunga, rende i brani un po' troppo prevedibili, privi di quell'attesa che ci si aspetterebbe proprio in un genere come questo, fatto proprio da imprevisti e colpi di scena che ribaltano la percezione quando ormai si pensa di aver capito tutto dal pezzo.

Un'eccezione allo schema la offre "Wofür Ich Streit", la sola traccia ad essere inaspettata per questa sua anima espressiva, quasi profonda, soprattutto nelle prime battute iniziali. Seguono poi brani che starebbero benissimo nella scaletta di un qualsiasi festival estivo ed è questo che piace della band, questo suo impatto immediato e diretto che non può far altro che colpire e coinvolgere, nonostante alcuni scivoloni non indifferenti, in questo caso quello offerto da "Knüppeltroll" che, semplicemente, è una traccia quasi senza senso, un po' sconclusionata, che ammicca esageratamente allo stile dei Rammstein lasciandoci alquanto basiti. Fortunatamente arrivano le note di un magnifico pianoforte che introducono "Freundschaft" che, però, subito si apre a ben più profonde e minacciose sonorità perfino urlate in certi punti, che riescono a farci dimenticare la traccia precedente, per poi concludersi con la strumentale "Wigrid".

Il pathos sempre ben sostenuto, l'ottima prestazione vocale che regge molto bene il confronto con band alle quali è chiaro l'omaggio, tra tutti Amon Amarth e Wolfchant, rendono comunque l'ascolto piacevole, energico e grintoso, proprio come ci si aspetterebbe da un album di questo genere.

7,5/10
Dora



LINE-UP
Robert Schroll - Vocals
Zhuan - Gitarre, Backing Vocals
Alex Wildinger - Gitarre
Max Wildinger - Bass
Markus "Puma" Kügerl - Drums

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Two Old Men recensione

Two Old Men

Release: December 2014

Tracklist:
01. Don't kiss me baby
02. Old Spirit
03. Cargo Cult
04. Babalon


Chi l'avrebbe mai detto che anche l'assolato, colorato e caldissimo Brasile fosse in grado di offrire una musica così diversa a quella che ci si aspetterebbe quando si parla di un paese legato ad una tradizione diametralmente opposta al metal?

E invece ecco che, a rovesciare ogni pronostico, arriva una band rock/metal capace di rovesciare le carte in tavola, dimostrando che l'inaspettato si nasconde proprio là dove non abbiamo nemmeno il coraggio di guardare, a volte perfino lì in bellavista, quasi prendendosi gioco di noi.

L'EP proposto dai Two Old Men, fa parte sicuramente di questa categoria. E' una piccola raccolta di quattro brani che mettono in luce un angolino oscuro della musica brasiliana, dando voce ad un duo che ha una gran voglia di farsi ascoltare, provando perfino a fare la differenza, a rompere gli schemi.

A colpire è certamente la voce calda, grave, quasi oscura di Cláudio Cardoso a cui fa da contrappunto quella di Paulo Ferramenta, che con le backing vocals più graffianti e pungenti, bilancia alla perfezione quella del cantante, offrendo un buon mix.

Le sonorità appartengono sicuramente ad un genere ben collaudato nel tempo, sembrano ammiccare con un certo riguardo agli anni d'oro del metal europeo, ma risentono un po' forse dell'artigianalità del disco, forse un po' manchevole dal punto di vista tecnico e non abbastanza variegato per offrire quel salto di qualità che serve per imporsi davvero.

Sta di fatto che, nonostante tutto, questo primo lavoro ha una scintilla che può essere sviluppata in futuro se solo il duo avrà la perseveranza e l'energia per continuare nel loro percorso. Non servono milioni di strumenti per rendere piacevole un disco, non bastano cori, variazioni, strumentazioni avanzate e mille e più strati di musica sovrapposti tra loro per fare musica. A volte basta l'essenziale e qui è proprio l'essenzialità ad essere un punto di forza.

6/10
Dora



Members: 
Cláudio Cardoso - Chords and Vocals 
Paulo Ferramenta - Drums and Backing Vocals

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Reverbnation

martedì 21 aprile 2015

Whorion - The Reign Of The 7th Sector recensione

The Reign Of The 7th Sector

Release: Finland April 24th
               Else where April 27th

Label Inverse Records

Tracklist:
1. Flesh Of Gods
2. When The Moon Bled
3. Awakening
4. Blood Of The Weak
5. Forbidden Light
6. Gates Of Time
7. Immaculate
8. Arrival Of Coloss



Il full-length album di debutto dei finlandesi Whorion non poteva nascere sotto migliori auspici. Forti dalla pubblicazione, nel 2014 di un EP intitolato Fall of Atlas, la band di Helsinki si cimenta in una prova di tecnica sopraffina con The Reign Of The 7th Sector, otto tracce dove una batteria quasi implacabile si fonde con chitarre martellanti e un moderno death metal nella voce, potente e graffiante, che fanno di questo album una miscela perfetta ed altamente esplosiva.

Mixato e masterizzato da Ansi Kippo agli Asta Studio, già regno incontrastato di band come Ensiferum e Children of Bodom, The Reign Of The 7th Sector ha la potenza di una tonnellata di mattoni lanciati a velocità supersonica in pieno viso e già con "Flesh of Gods", traccia di apertura del disco, si capisce immediatamente che questa band è destinata a lasciare il segno, uno di quelli indelebili che difficilmente verranno cancellati.

Anche le tracce successive non sono da meno e si susseguono con quel ritmo incalzante e brutale che le fa fondere tra loro senza alcuna soluzione di continuità, in quello che sembra essere un flusso incessante, turbinoso, quasi in preda ad una marea montante che non lascia scampo, che ti impedisce perfino di respirare. Spiccano, tra gli altri, brani come "Forbidden Light", anche questa devastante e maestosa che si tuffa come il mare in tempesta in "Gates of Time", magnifica traccia strumentale, molto solenne ed epica, che ci dà il tempo di ricomporci, per poi essere di nuovo travolti da "Immaculate" capace di toccare picchi di estrema enfasi.

A chiudere il cerchio è "Arrival of Coloss", perfetta e degna conclusione di un disco che dapprima inizia quasi malinconica, forse perfino sinfonica, per poi tornare a colpire con quell'aggressività a cui tutto l'album ci ha piacevolmente abituato.

L'esordio dei Whorion è dei più promettenti. Molto devono ad una tradizione di cui la loro terra è pregna, ma anche la tradizione più solida non ha ragion d'essere se viene privata del cuore e dell'anima che qui di certo non manca, a supporto di una tecnica davvero sopraffina che rende l'album un piccolo gioiello tra i gioielli.

8/10
Dora



Members: Ari Nieminen - Vocals Ep
MKN - Vocals/Guitars
Dorian Logue - Bass/Backing vocals
Heikki Saari - Drums Antti Lauri - Guitars


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Merkabah - Ubiquity recensione

Ubiquity


Release: 17 Marzo 2014

Tracklist:
01. Mythomania
02. Divine Sparks
03. Red Letter Days
04. Circles of Despair
05. Brothers From the Seed of Cain
06. Deadly Prophets of the Printed Page
07. Agartha
08. Ubiquity




Quando si legge nella descrizione che una band fa parte della grande famiglia del metal sinfonico, subito il cervello fa strane associazioni: ci si aspetta una voce magari molto lirica, capace di toccare note altissime, si è pronti a fare il paragone con una quantità spropositata di altri gruppi che, da molti anni ormai, hanno monopolizzato la scena di questo specifico genere musicale e si procede all'ascolto forse anche un po' prevenuti, pensato che una categoria possa imbrigliare in modo corretto e preciso l'anima di chi canta e suona all'interno di quella specifica band.

Non è sempre così e i Merkabah, giovane band canadese, ne sono una prova. Io per prima, quando ho schiacciato il tasto play del mio lettore mp3 mi aspettavo qualcosa di totalmente diverso, invece sono stata piacevolmente colpita da un qualcosa di inaspettato e fuori da quei canoni precostituiti che, purtroppo, sono gli stessi generi musicali a creare nelle nostre menti.

Ubiquity non è il solito disco sinfonico, in sé racchiude anche echi progressive rafforzati dal suono distorto di un sintetizzatore che, di tanto in tanto, fa capolino tra le note, amplificando l'esperienza musicale riuscendo perfino a confondere i sensi, mostrandoci così che non basta un genere a definire una band, un modo di suonare o di cantare. Sta tutto nell'anima e nelle idee e, in questo caso, ce ne è abbastanza di entrambe.

"Mythomania" è la perfetta introduzione, quel guizzo innovativo capace di mescolare le carte in tavola, offrendoci un perfetto equilibrio tra chitarre pesanti, un piacevole arrangiamento sinfonico accompagnato da un pianoforte di grande impatto, il tutto condito con quelle note appena accennate e distorte dal sintetizzatore, che completa e non appesantisce questi sei minuti di ascolto in cui la voce di Jacinthe Poulin si impone per quel suo timbro diverso e particolare, sintesi perfetta tra potenza e bellezza. 

Con un taglio più gotico, sorretto da chitarre melodiche e da un coro di voci maschili che si impongono verso la fine, "Divine Sparks" offre una diversa sfumatura musicale, arricchendo di un colore nuovo l'ascolto, fornendoci un ulteriore tassello capace di ricostruire al meglio tutte le potenzialità della band, già pronta a stupirci nuovamente con "Red Letter Days", tenuta insieme da un grandissimo lavoro ad opera della chitarra ritmica che si lancia verso quell'orizzonte progressive di cui abbiamo già accennato prima.

"Circles of Despair" ha un ritmo decisamente più incalzante e martellante in puro stile hard rock. Ancora una volta la voce maschile fa capolino rendendo il suono e la struttura di tutto il pezzo molto più aggressiva ed incisiva, armonizzandosi molto bene con quella femminile, sempre grande protagonista.

Incamminandoci verso la fine, spicca sicuramente per il suo tono morbido, melodico, quasi sensuale e malinconico, la bella "Agartha" una sorta di ballad che, però, offre una sorpresa al suo interno, diventando più energica e sostenuta nella parte centrale per poi stemperarsi nuovamente facendo quasi da apripista per l'epica conclusione che porta il nome dell'intero disco. "Ubiquity" è una lunga strumentale di dodici minuti che si colora ti tinte medievali punteggiate da quel gusto sinfonico e melodico che riecheggia per tutto il pezzo, chiudendo il cerchio.

Il lavoro dei canadesi è sicuramente apprezzabile e sopraffino a metà strada tra i Lacuna Coil e i Dream Theater; ci riporta indietro nel tempo attraverso soluzioni musicali che ricordano qualcosa di ben consolidato nel passato, riuscendo però ad accompagnarci in un meraviglioso viaggio epico moderno.

7.5/10
Dora


MERKABAH is:
Jacinthe Poulin - vocals
François Vachon - guitars
Raynald Brochu - guitars
Louis Doyon - bass
Nicolas Bilodeau - drums


lunedì 20 aprile 2015

Preview Summer Breeze 12-15 Agosto 2015

E' una cosa ormai universalmente risaputa: l'estate è la stagione preferita dei festival, del metal pesante che satura l'aria di polvere di un immenso spiazzo di arena, dell'elettronico più innovativo capace di agitare lo spirito al ritmo di sintetizzatori distorti e suoni disturbati, del rock in tutte le sue più piccole sfumature in grado di far muovere le masse, di aggregare le persone, della musica tutta nella sua più totale interezza, quella che non importa di quale genere sia, basta che abbia il solo, unico e grandissimo pregio che è insito nel suo statuto: far vibrare le corde più intime dell'anima di una persona, parlando con un linguaggio praticamente universale.

Tempo d'estate, tempo di festival, tempo in cui si mette da parte lo stress di un intero anno, ci si spoglia degli abiti da ragioniere, si mettono in mostra i tatuaggi più cattivi, quelli che sono rimasti coperti per ben trecentosessantacinque giorni in attesa di poter rivedere la luce, la stessa di un caldo sole d'agosto che arrostisce le membra, ma che mai e poi mai può provare gli animi,

Tempo di sole, tempo di musica. Tempo di Summer Breeze, un evento imperdibile per gli amanti della musica, della calca, delle band più grandi e anche di quelle che stanno emergendo; un momento di pura aggregazione sotto il segno del metallo, dove mani alzate al cielo accompagnano le note più truci che riecheggiano nell'aria, dove corpi in movimento si lasciano ispirare dalle band che calcano il palco, dove voci - poco importa se intonate - si mescolano tra loro, insieme a quelle di cantanti che ti invitano a inneggiare con loro i grandi cavalli di battaglia e dove tutto è semplicemente come deve essere: puro, sano, a volte perfino un po' grezzo divertimento, in nome del dio della musica che, per quattro, caldissimi e furiosi giorni, si dimena come un ossesso, liberando tutta la sua più incontenibile potenza.

Come ogni anno la cornice tedesca di DINKELSBÜHL si tinge dei mille toni e delle mille note di tantissime band che, chi forte dell'uscita di un nuovo disco, chi ancora in attesa di pubblicare il prossimo capolavoro, chi presente solo per la voglia di esserci ed esibirsi, si ritrovano tutti riuniti insieme sotto il cielo di agosto, pronti a darsi battaglia tra di loro per accattivarsi il sempre numerosio pubblico che, per quattro giorni l'anno, si lascia alle spalle le convenzioni e le rigide regole della vita ordinaria, per abbandonarsi alla vita, quella più vera e viscerale, vissuta al ritmo della musica.

Tantissime le band che parteciperanno, citarle tutte sarebbe davvero un'impresa titanica, ma basti nominare grandi nomi come quello dei Nightwish, Mastodon, Cannibal Corpse, Dark Tranquillity, Ensiferum, Kreator, Trivium, Saltatio Mortis e Amorphis per avere un'idea, anche se non dettagliata, di quello che ci si può aspettare da queste evento massivo.

Ce n'è per tutti i gusti e per ogni esigenza. Band grandi e piccole, più o meno famose, power, death, symphonic... non ha importanza quale sia il loro genere, la cosa che davvero conta è che saranno tutte lì, pronte ad accendere il palco con la scintilla più potente, con l'energia più devastante, solo per noi, solo per tutti quei fan accorsi da ogni angolo d'Europa, ma forse anche da più lontano, pronti per celebrare insieme l'estate e la musica che portano nel cuore.

Cosa aspettate allora? Ci vediamo il 12 agosto!

Dora per Les Fleurs du Mal WebZine

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The Man-Eating Tree: “In The Absence Of Light” recensione


The Man-Eating Tree “In The Absence Of Light”

Tracklist:
1. Breathe Emptiness
2. Flatline
3. The Heretic Pulse
4. Vermin
5. The Divided
6. Plaguewielder
7. Death Parade
8. The Vessel
9. Obsidian
10. Dead on Earth

Etichetta: Ranka Kustannus

Pubblicazione: 20 marzo 2015

Sicuramente avrete già sentito parlare dei The Man-Eating Tree, straordinario gioiello del goth metal finlandese, ma forse non tutti sanno che questo embrione stava già prendendo forma nella testa di tre ragazzi prima che uno di loro, Miika Tenkula (chitarrista dei Sentenced) venisse chiamato troppo prematuramente in quel mondo fino ad allora descritto soltanto attraverso la sua chitarra.

“In The Absence Of Light” è il terzo album della band di Oulu ed il primo con il nuovo cantante Antti Kumpulainen.

Ammetto con tutta l’onestà di questo mondo di non aver accolto con particolare piacere il cambio di vocalist, avendo apprezzato alcuni anni fa le delicate doti canore di Tuomas Tuominen; pensare che qualcuno potesse prendere il suo posto mi sembrava impossibile tuttavia, dopo i primi 5 minuti di ascolto, mi sono dovuta non solo ricredere, ma ho dovuto anche riconoscere quanto i pregiudizi possano influenzare in modo negativo.

Contrariamente al suo titolo, ci troviamo davanti ad un album in grado di cambiare continuamente gradazione di colore, passando da una delicata miscela di sfumature death melodico dell'opener "Breathe Emptiness" e che richiama, ma solo in parte l’epicità di Amorphis o il riffing classico degli Insomnium, alla totale mancanza di effetto cromatico di "Plaguewielder" dove apolidi Katatonia, diventano improvvisamente figli di questa terra fatta di ghiaccio e sentimenti contrastanti.

Somiglianze a parte questa band è cresciuta tantissimo anche dal punto di vista del songwiting, affidato quasi interamente a Kumpulainen, la cui voce si mescola perfettamente alla musica, catturando l'essenza del dolore ed il principio della speranza. Alcune parti sono state migliorate soprattutto nella sezione ritmica, ottenendo un album molto più metal rispetto ai precedenti e dove le tastiere in modo onirico catturano l'oscurità riflettendone i colori.



“In The Absence Of Light”, semplicemente 10 canzoni per sognare, dimenticare o annegare nei ricordi… 

8/10
Michela

Membri:
Janne Markus - Chitarra
Vesa Ranta - batteria
Antti Kumpulainen - Voce
Antti Karhu - Chitarra - growl
Mikko Uusima – Basso

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venerdì 17 aprile 2015

BEHEMOTH - Romagnano Sesia 12.4.2015 Live Report


Behemoth - Rock 'N Roll Arena Romagnano Sesia (NO) 12.4.2015  


"As it was in the beginning..."


Ormai andare nel piccolo borgo di Romagnano Sesia è diventata una piacevole consuetudine come le gite fuori porta. La band che si è esibita domenica scorsa al Rock ‘n Roll Arena era attesa da numerosi fans che sono accorsi, anche questa volta, fedelissimi e pronti a scaldare il locale.

Tralasciando ogni commento e giudizio di ordine politico, religioso ed in ogni caso personale, i Behemoth hanno veramente incendiato il palco rivelandosi in tutta la loro magnificenza. Concentrandosi ognuno nel proprio ruolo ben definito, i polacchi hanno celebrato la musica nella sua blasfema sacralità, liberando gli spiriti del male in tutta la loro fierezza.

In una cornice spettrale quanto teatrale, perfino la scelta dei brani è stata oculata. Nessuna forzatura, nessuna inibizione, Nergal ha sfoggiato orgogliosamente le proprie ideologie accompagnandole ad un'assoluta maestria artistica ed interpretativa.

I Behemoth ormai hanno dimostrato di essere una macchina da guerra che si muove sul confine tra death e black metal, una band che per doti tecniche, qualità discografica e capacità comunicativa è pronta per il grande palcoscenico, ma non per questo si è risparmiata ed ha bruciato ogni goccia di energia insieme all'incenso che saturava il locale.

Particolarmente ben accolta è stata l'esecuzione di Conquer All, Christians To The Lions e Alas, Lord Is Upon Me, oltre a cinque brani tratti dall'ultimo capolavoro "The Satanist", in una serata davvero indimenticabile per ogni appassionato di musica estrema.

Report e foto by Michela 

Setlist:
1. Blow Your Trumpets Gabriel
2. Ora Pro Nobis Lucifer
3. Conquer All
4. Decade of Therion
5. Messe Noire
6. Christians to the Lions
7. Ov Fire and the Void
8. Ben Sahar
9. Alas, Lord Is Upon Me
10. At the Left Hand ov God
11. Slaves Shall Serve
12. Chant for Eschaton 2000
Encore:
13. O Father O Satan O Sun!

Photo Gallery 
Rock'n'roll club
Behemoth

Behind the Veil - L'Intuito e la Pazzia dietro la Musica



Non capita spesso di poter parlare con gli "addetti ai lavori", con coloro che si celano dietro le band che abbiamo ormai imparato ad amare e ad apprezzare in questo lungo anno fatto di ascolti, recensioni e interviste. Oggi, però, abbiamo l'occasione di scambiare quattro chiacchiere con chi sta dall'altra parte del palco, con una persona che ha fatto della musica il suo mestiere, investendo tutto su chi poi sale proprio su quel palco a prendersi applausi e lodi anche grazie al suo lavoro. Stiamo parlando di Gero, il papà dell'etichetta discografica Argonauta Records!

Ciao Gero, è con particolare piacere che realizziamo questa intervista, quindi vogliamo ringraziarti per la tua disponibilità e per averci permesso, attraverso i nostri piccolissimi canali, di far conoscere le vostre proposte musicali.

Ciao Michela, ciao Dora! Grazie a voi per lo spazio che date sempre alle nostre uscite e ora per questa intervista.

Les Fleurs du Mal: Stavo pensando, cercando di tirare giù delle domande sensate, ad un titolo per questa intervista e mi è venuta in mente una parola "intuito". Perché alla fine l'alchimia perfetta tra etichetta ed artista sta proprio qua, non credi?
Gero: Dici, eh? A me ne viene in mente un’altra, “pazzia”! Scherzi a parte, direi di sì. Intuito, soprattutto se in relazione con il modo che ho io di lavorare, in cui metto sempre al primo posto un certo rapporto di amicizia (o informale se preferisci) tra me e la band, da cui poi segue tutto il resto.

LFdM: Quindi, per allacciarsi alla domanda iniziale, come si scelgono le band da promuovere?
G: Dipende tutto da vari fattori. In primo luogo a me piace tantissimo andare alla ricerca di nuove band da contattare con cui collaborare, è una specie di “compulsione” che ho da sempre: andare alla ricerca di nomi nuovi che mi possano trasmettere nuove sensazioni. E quando queste sono “positive”, si passa poi alla fase successiva. Ricevo poi molte mail con demo o pezzi da ascoltare, una volta appurato il genere musicale e l’attitudine della band, sono pronto a mettermi in gioco e ad iniziare la collaborazione. 

LFdM: Avete dato spazio ad un particolare tipo di genere musicale, spesso anche abbastanza ostico, ambient, stoner, sludge, doom, ma nel complesso quali caratteristiche deve avere una band per entrare a far parte della famiglia Argonauta?
G: Quando ho iniziato questa avventura, perché proprio di avventura si tratta, ho fatto un patto con me stesso, cioè quello di scegliere solo band facenti parte del genere musicale che seguo da sempre e posso curare al meglio. Mi piace poi molto l’umiltà e il senso della collaborazione fra le parti. Se si lavora sodo tutti assieme a testa bassa si ottengono ottimi risultati e quindi ci si diverte pure, ricevendo parecchie gratificazioni.

LFdM: In quale misura il talento di una band gioca un ruolo fondamentale per questa scelta e quanto, invece, dipende dalla commerciabilità del prodotto che viene creato? Essere bravi ed essere vendibili non è esattamente la stessa cosa, non credi? 
G: Sono d’accordo. Diciamo che il fatto che un prodotto sia vendibile o meno è per me secondario. Ho il pregio/difetto di fidarmi totalmente dei miei gusti e spero che lì fuori ci sia gente che abbia più o meno gusti simili ai miei! Al tempo stesso il talento di per sé ha un ruolo marginale se non viene accompagnato da altre caratteristiche, come la dedizione verso ciò che si sta facendo.

LFdM: Tu invece quando hai mosso i primi passi nella musica ed in che modo? Insomma, cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
G: Lavoro nella musica dalla notte dei tempi ormai, ho iniziato una ventina di anni fa “dietro le quinte”, come semplice fanzinaro, da lì poi ho ricoperto un po’ tutti i ruoli del settore, da promoter a responsabile vendite, import/export e settore marketing. L’etichetta è poi nata quasi per gioco, volevo dare una struttura professionale alla band in cui suono, i VAREGO, che potesse supportarci con promozione e distribuzione. In modo quasi inaspettato, quando nel 2012 uscì il nostro album, ci contattarono subito molte band, anche estere, e vari addetti ai lavori, per collaborare con noi come “Argonauta Records”. In quel momento ho preso la decisione che l’etichetta avrebbe dovuto aprirsi anche ad altri gruppi interessanti e via via la cosa si è ingrandita nel giro di pochissimo tempo.

LFdM: Una volta uscivano meno dischi e la gente aveva più tempo di ascoltarli ed assimilarli, oggi esce veramente troppa roba che non ci permette nemmeno di assaporarla. Credi che ci sia, rispetto alla richiesta, troppa domanda?
G: Sono assolutamente d’accordo, per questa ragione faccio del mio meglio per spingere le mie uscite su più canali possibili, siano questi promozionali (webzines, riviste) o distributivi. Avere un album disponibile tramite molti canali esteri come succede a noi (cito, fra gli altri, tramite Season of Mist in Francia, oppure Cargo Records in Germania) vuole essere un modo per differenziare i nostri album dalla moltitudine di cose che oggi esce, dando loro un canale preferenziale in quanto credo ciecamente nella qualità di quello che offriamo.

LFdM: Che rapporto hai con i media televisivi? Talent show ecc…
G: Ahimé nessun rapporto. Non guardo i talent e non mi interessano. Non so se questo mi faccia sembrare snob o meno, ma è proprio una questione di “pelle” o attitudine se preferisci. Io credo che il talento debba nascere e svilupparsi per le strade e non sul palcoscenico. Sono fatto così.

LFdM: E' importante avere un proprio bagaglio culturale musicale ovviamente per poter fare questo lavoro? Cosa ascolta Gero?
G: Diciamo che a me ha aiutato tantissimo ascoltare musica underground da sempre, conoscere una marea di bands, singoli artisti, etichette, mi ha fatto trovare pronto al momento del bisogno, quando cioè ho dovuto e voluto puntare tutto sulle mie forze per iniziare questo lavoro. Pur avendo dei miei generi preferiti, ascolto veramente di tutto, da bands quali Tangerine Dream o Popol Vuh, fino alle derive più estreme del metal, grindcore o black metal. Tipo recentemente sono andate in heavy rotation MONOLORD, SOMALI YACHT CLUB, BLOODY PANDA, YOB, PALLBEARER, ENSLAVED, DODHEIMSGARD, JOHN CARPENTER, MARK LANEGAN.

LFdM: Cosa serve oggi al mercato discografico per non andare al collasso? E cosa serve alle band italiane per acquisire quel rispetto che, a mio avviso, in taluni ambiti manca del tutto.
G: Hai ragione, non è semplice, purtroppo noi italiani ci portiamo addosso un fardello che ci impedisce di imporci anche all’estero (con le dovute eccezioni ovviamente). Se pensi a tutte le ottime bands che oggi ci sono da noi e alla loro totale irreperibilità una volta fuori dall’Italia. Questo succede ANCHE perché siamo noi a complicarci la vita da soli. Vedi ad esempio la semplicità con cui si potrebbe organizzare un concerto o un mini tour di una manciata di date nelle nostre città, invece si incontrano talmente tante difficoltà che in alcuni casi hanno portato le band in questione a sciogliersi. Bisognerebbe essere noi stessi più aperti alle collaborazioni, più “internazionali” se mi passi il termine. Questo almeno è ciò che credo io ed è il modo con cui mi pongo verso tutti i miei interlocutori.
Se poi il mercato discografico fosse più attento alle nuove realtà, invece che spingere soltanto sempre i soliti GROSSI nomi (molta gente pensa che le sole band che fanno uscire dischi siano i Black Sabbath o i Motorhead), penso che lo stesso mercato ne gioverebbe in fatto di entusiasmo e ritorno di immagine.

LFdM: Prima parlavamo di intuito, se ti dico emotività? Quanto gioca l'aspetto emotivo in questo lavoro, soprattutto quando ti trovi di fronte ad artisti che bussano alla vostra porta e per svariate ragioni non vengono scelti.
G: Sì, certo non è semplice dire di no ad una band e ovviamente mi è capitato di farlo, mio malgrado. Suonando anche io in un gruppo, so quanta dedizione e impegno stiano dietro al comporre canzoni proprie. Ed è un impegno che si divide anche con altre persone, per cui tanto di cappello. Detto questo, far uscire un album è anche un fatto di tempistiche, per forza di cose la giornata è di 24 ore soltanto, e non sempre si può fare tutto quello che si vorrebbe.

LFdM: Che messaggio invieresti agli artisti che domani leggeranno questa intervista?
G: Di suonare intanto per voi stessi come prima cosa. Con questo approccio le soddisfazioni saranno sempre maggiori rispetto alle delusioni. Non stancatevi mai di far girare il vostro materiale anche se i primi responsi non saranno granché. E poi, se il 10 Maggio fate un salto all’Argonauta Fest (QUI il link dell'evento) a Bosco Marengo, portateci il vostro materiale, ascolteremo tutto e vi faremo sapere!

Grazie mille e a presto.
Michela & Dora

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