mercoledì 5 novembre 2014

Deaf Eyes - Intervista


Come occhi che ricercano, in un magma nero come la pece, suoni capaci di mettere a nudo la propria anima.

Così i Deaf Eyes, a pochi giorni dal loro debutto discografico, ci raccontano un po' di questa trasformazione artistica.

LFdM: Ascoltare il vostro album, di primo impatto, è stato come risvegliarsi in una città fantasma dopo una guerra nucleare.  Le atmosfere cupe si vanno ad intersecare con qualcosa di più freddo ed estremo, un percorso fatto dall'anima, che prima si rivela al mondo mettendo a nudo le proprie insicurezze per poi, piano piano, prendere sempre più coscienza del proprio essere. Come nasce il progetto “Deaf Eyes”, potete parlarci del processo creativo che ha visto la nascita di questo disco?
DE: Intanto grazie per la splendida interpretazione, se questo è quello che trasmette il disco direi che l’obbiettivo è raggiunto. “Deaf Eyes” nasce come progetto parallelo di “Incoming Cerebral Overdrive”, band della quale tutti noi 4 facciamo parte. Nasce da un’esigenza di provare a sperimentare sonorità del tutto nuove, volevamo reinventarci in altri ambiti rispetto a quelli a cui eravamo abituati. Così abbiamo deciso di mettere in pausa ICO e di creare del materiale totalmente diverso a partire proprio dalla base della composizione, togliendo quasi totalmente la vena schizofrenica per lasciare spazio a quella più cupa e eterea.                                                                                                                                                                                          
LFdM: Si nota una profonda conoscenza della materia, soprattutto nella scelta dei suoni e nella capacità di fusione degli stessi. Che tipo di strumentazione utilizzate in studio?                   
DE: La nostra strumentazione è in realtà molto scarna, usiamo testate Brunetti e casse Hope per le chitarre e Ampeg per il basso, più un paio di pedalini a testa. Potrebbe sembrare una scelta stilistica minimale per ottenere un suono crudo e vero, ma la realtà è che la strumentazione valida costa molti soldi e noi siamo dei poveri proletari. La scelta dei suoni e la fusione di essi a cui ti riferisci è data dal fatto che due di noi sono proprietari di uno studio di registrazione (Ampire Studio) ed è grazie a questo che abbiamo avuto modo di provare più soluzioni per arrivare ad un suono compatto e soddisfacente.                                                                                                                                                                                                                      
LFdM: Una delle vostre peculiarità è l’utilizzo delle tastiere laddove, nel genere specifico, vengono più sovente impiegate le chitarre. Questo fa sì che si percepisca quell'essenza impalpabile da renderla quasi onirica, è cosi?  
DE: In realtà in tutto il disco ci sono giusto 2 o 3 inserti di tastiera, abbiamo cercato di metterle solo dove servivano per non rischiare di snaturare troppo il suono originale. Le tastiere sono strumenti ambigui, sono le ciliegine sulla torta se utilizzate con parsimonia e nei punti giusti, ma possono risultare deleterie se usate in maniera eccessiva, diventando protagoniste e togliendo l’attenzione da tutto il resto. La parte onirica abbiamo cercato di renderla altrettanto bene usando delay e particolari armonie con gli strumenti a corde.                                                                                                                                                                                                                
LFdM: C’è una particolare relazione tra le singole tracce? Perché sembrano quasi raccontare una storia anche dai titoli, o è stata una scelta puramente casuale?
DE: Sai, se fai musica strumentale la scelta dei titoli è molto libera. Se ci fossero stati dei testi tutto sarebbe stato deciso in base ad essi, ma vista la loro mancanza è possibile nominare le canzoni a proprio piacimento. Abbiamo cercato di dare dei titoli a seconda delle sensazioni che ogni singola traccia ci regalava senza pensarci troppo.                                                                                                                                                                                               
LFdM: Traete la vostra ispirazione dagli ambienti che vi circondano o sono sperimentazioni puramente tecniche?         
DE: Tutti i membri della band sono originari di Pistoia, una cittadina dal centro carino ma priva di grandi fonti di ispirazione. A meno che qualcuno non riesca a essere illuminato dai vivai. Diciamo che la nostra ispirazione la ricerchiamo dentro di noi, nel nostro vissuto e nella nostra persona. Gli ambienti circostanti sono solo una cornice di un quadro già dipinto.
                       
LFdM: Alcune tracce sono fortemente influenzate da sonorità doom dei primi anni '90, cosa vi ha spinto a percorrere questa strada?
DE: Sono felice che tu l’abbia notato. E’ stato un genere che ci ha accompagnati nel corso della nostra adolescenza, quindi più che una ricerca di certe sonorità diciamo che quest’ultime sono uscite spontanee nel corso della composizione. Per certi versi è stato un “back to the roots”.

LFdM: Che relazione avete tra la musica strumentale e quella in generale?
DE: C’è poco da girarci intorno, avere una voce è totalmente diverso dal non averla. Non è uno strumento sostituibile da altri come può essere una chitarra o una tastiera. Se hai un cantato l’attenzione della maggior parte degli ascoltatori va lì. Ne consegue che anche la composizione cambia totalmente; magari hai un riff che non è il massimo, poi ci metti la voce e viene fuori una bomba. Oppure, come altra parte della medaglia, hai un bel riff, ci metti un cantato così così e lo peggiori perché la focalizzazione va in parte molto minore agli strumenti. Comunque, nel bene o nel male, la voce risulta sempre fondamentale. 
Nella musica strumentale invece, per mantenere alta la tensione, devi sempre usare il riff giusto al momento giusto e giocartela con arrangiamenti continui; se questo non avviene il pezzo risulta immediatamente mediocre e tedioso.

LFdM: Che tipo di concerto è un live dei Deaf Eyes, che esperienza deve aspettarsi una persona che non vi ha ancora visti dal vivo?
DE: Dal vivo cerchiamo di ricreare in modo maggiore le sensazioni che trasmette il disco. Praticamente senza pause, tentiamo di far provare allo spettatore un coinvolgimento cupo e etereo grazie alla magia onirica di armonie e distorsioni.

LFdM: Futuro prossimo imminente?
DE: Il futuro prossimo prevede la promozione del nostro disco attraverso concerti che stiamo tutt’ora organizzando. Primo dei quali sarà il 29 Novembre al Cycle di Calenzano (FI) in compagnia di mostri sacri come Ufomammut e Caronte. Poi, in concomitanza di ciò, inizieremo con la composizione di materiale nuovo.

LFdM: Grazie mille ragazzi, sarà un vero piacere venirvi ad ascoltare dal vivo!
DE: Grazie mille a Voi per questa bella intervista.

(Intervista a cura di Michela)

Titolo: Deaf Eyes
data rilascio: 10 novembre 2014
Etichetta: Argonauta Records 

Track List:
1. Black Canvas
2. Mirrors
3. Orbits
4. The Eyes Of Regret
5. Draining Sun
6. Red Desert Lullaby
7. The Withered
8. Commiserate

  

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