ROBERTO TIRANTI - Intervista
Nella prima parte dell'intervista, Roberto ci ha raccontato un po' delle sue scelte, della sua carriera con i Labyrinth, di come è arrivato alla decisione di intraprendere la strada solista. Già in quell'occasione abbiamo potuto introdurre un aspetto molto rilevante riguardo la musica, non solo in Italia, come viene percepita, gestita e cosa è cambiato in questo meraviglioso mondo...
LFdM: nel passato hai anche bazzicato un po’ l'ambiente dei "talent show", ti sarai reso conto del livello che c’è. Perdona questa mi affermazione.
R: Guarda, ti stupirò anche in questo caso. Ce ne sono di bravi anche li. Il problema, se vogliamo, in quel contesto è ancora peggio. Anche se lo sei, fanno di tutto per non farti sembrare bravo, non è quello che interessa: devi creare il personaggio. Io non critico, io denuncio un dato di fatto. Ho sentito le audizioni di alcuni artisti e sono rimasto di sale. Dai primi ascolti al "prodotto finale" c'è un abisso, non riesci più a percepire le stesse emozioni, perché cuciono addosso un qualcosa che non appartiene più a quella persona.
LFdM: Io mi ricordo dell’audizione di Mengoni: era stato incredibile. Tra l’altro con dei personaggi musicali alle spalle che, indipendentemente dai gusti, di musica ne capiscono.
R: Certo, ma non è quello il punto, mi ricordo di una ragazza, bravissima, avevo avuto l'occasione di vederela fuori dal contesto talent, chitarra e voce, con un timbro vocale ed una personalità incredibile. La rivedo dopo, completamente un'altra persona. Ed è li che voglio arrivare: ti annullano la personalità. Vieni messo all'interno di un bel contenitore ed etichettato.
Da noi ha sempre funzionato così: se hai già una tua personalità non va bene, se assomigli a... allora è ok!
Nei negli altri paesi, soprattutto quelli nordici dove c'è una cultura della musica a 360, ai talent fanno cantare canzoni come “Run To The Hills" degli Iron Maiden, capisci? Qua non sarebbe possibile.
LFdM: Secondo te è una proposta che viene imposta dall'alto o dal basso?
R: Evidentemente c’è una richiesta, sono anni che ci lavano il cervello, con queste cose ed alla fine ci sono riusciti. Siamo sempre stati abituati agli "scimmiottamenti" dei grandi artisti, da Bobby Solo a Little Tony, però alla fine venivano premiati quelli che in certo senso andavano contro corrente e proponevano delle idee nuove, come Celentano o Mina, che dalla loro avevano, ed hanno tutt'ora, una grandissima personalità. C'era molto più libertà artistica ai tempi rispetto ad oggi.
Esempio banale ma immediato? Un Lucio Dalla oggi non uscirebbe più, perché brutto e peloso, oggi si punta all'immagine. Non uscirebbe più niente dei grandi artisti del passato e ogni volta che uno di questi se ne va, trovo veramente molto difficile rimpiazzarli nella mia mente con qualcosa di recente. Finardi, Vasco Rossi, hanno fatto gli alternativi quando nessuno lo faceva. Mi è capitato di recente di ascoltare "Alba Chiara" e mi sono emozionato; alla fine degli anni 70, con quell''assolo di Solieri era roba tosta, non è facile trovarlo ora. Vasco ha sempre avuto il merito di una ricerca delle sonorità che pochi hanno, e questa è la sua grande forza. Poi può piacere o meno, questo è un altro discorso: i metallari che non riescono ad identificare Vasco nel metal li capisco, perché oggettivamente fa ridere, ma nello stesso tempo fa anche riflettere.
LFdM: Il problema dei metallari ma non solo di loro, è il possesso. Purtroppo anche nel nostro piccolo, non solo con il blog ma anche con altre realtà che gestiamo, ci rendiamo conto che le persone quando parlano dei propri idoli musicali, lo fanno come se parlassero del proprio fratello/sorella o cugino, con quella presunzione di saperne più degli altri che ti giuro, mi lascia allibita.
R: Esatto è proprio cosi, non sta né in cielo né in terra. Sai cosa penso? Penso che la gente ci crede sul serio a quello che dice e a quello che pensa e in questo ambito, fa veramente paura perché ti rendi conto della mediocrità delle persone e del pressapochismo che alla fine fa perdere l'interesse verso la musica e verso chi fa questo mestiere con serietà.
LFdM: Secondo te, da parte degli addetti ai lavori, manca la volontà di collaborare con gli artisti?
R: Ritorniamo alle origini del nostro precedente discorso, pulizia musicale artistica. Anche gli addetti i lavori non ci sono più. Le etichette, le major, si stanno esaurendo piano piano e spariranno prima o poi. Chi fa il brutto e bel tempo oggi dietro una etichetta è il contabile, ed è cosi da almeno quindici anni. Il problema è sempre il solito, si fanno troppi dischi. Mi capita spesso di parlare con molti ragazzi, anche su facebook, tutti vogliono fare un disco, il video, il tour.
Ai miei tempi, e non ti sto parlando della preistoria, prima si faceva il demo, si portava nei locali e si vedeva la risposta del pubblico. Adesso hanno tutti il pallino del video, che per carità, è un buon veicolo, ma se mancano le idee non vai da nessuna parte. Il punto è che le nuove generazioni pensano di essere più furbe degli altri, di avere il disco dell’anno, ma alla fine non capiscono che tutta la roba che esce, proprio per la facilità che la tecnologia ha messo a disposizione, finisce tutto dentro ad un imbuto e se non hai delle idee valide, è perfettamente inutile lamentarsi che nessuno ti sponsorizza o ti aiuta. Ecco perché ora più che mai serve qualcuno con gli attributi che dica “ok puoi fare questo mestiere” oppure “guarda vai a fare dell’altro”.
LFdM: Visto che hai nominato facebook, e considerato che più o meno veniamo dalla stessa epoca, cosa ne pensi?
R: internet è stata la morte dell’arte. Il digitale ha azzerato tutto permettendo a chiunque di fare un disco in 5 minuti. Certo, a noi professionisti ha reso la vita più facile, vuoi mettere anziché alzarsi tutte le mattine per andare in studio, te ne puoi stare tranquillo a casa a fare la metà del lavoro. Ma per fare questo devi prima di tutto avere la consapevolezza di come utilizzare questo mezzo, manca quello in grado di mettersi davanti ad uno specchio e dice: “ci sono portato?” NO. Ok ciao, vado a fare dell’altro.
LFdM: L’idea. Quella cosa che nasce da dentro, che preme per uscire, che appartiene solo a te stesso e che spesso va ricercata al di fuori dell'ambito nel quale la stai per gettare.
R: Tu stai facendo esattamente la fotografia di quello che DOVREBBE essere l’arte e l’artista. Questo purtroppo non funziona, soprattutto in Italia. Qui, se hai del potenziale te lo uccidono, devi mentire per uniformarti alla massa, non sei nemmeno libero di dire quello che pensi nelle interviste. È giusto avere delle influenze, ma un conto è avere un bagaglio che ti porti dietro e che ti fa crescere come persona ed artista, un conto essere un clone di quello stesso artista che ti ha influenzato. Poteva funzionare negli ani '60, quando in Italia non arrivavano i dischi, ma non ora.
Purtroppo, e lo dico a malincuore, quello che la gente vuole è una sorta di rassicurazione, sapere che le cose sono così, immutabili e immutate. Non c'è spazio per la novità.
LFdM: Si dovrebbe inizare a togliere i talent dalla TV? Alla fine si parla solo di competizione, di litigi, lacrime e poco altro..
R: Inizialmente l'idea dei talent funzionava abbastanza bene. Poi hanno scoperto il dietro le quinte, da li è iniziato tutto quello che vediamo oggi, ovvero dove la musica, il ballo, l’arte in generale è un accessorio. L'interesse si è spostato sull'audience.
E l’audience lo fanno il litigio, le lacrime, i retroscena. Questo è quello che passa. Io faccio lezioni di canto dal '98 e posso assicurare che, anche l’ambiente della didattica, è una giungla. I nuovi metodi vocali sono validissimi, non c'è dubbio, ma non bastano. Tutti hanno bisogno di un vocal trainer per fare ginnastica, ma ci devono essere delle basi altrimenti è inutile, è lo stesso discorso che facevamo prima con il digitale, esattamente lo stesso. Michael Jackson utilizzava i vocal coach, ne aveva bisogno? No, ma lo faceva per tenersi allenato, ma dietro c'era la SUA voce. La tecnica deve essere subordinata a quello che una persona è: la voce deve esistere all'interno di un corpo, se non c'è è inutile padroneggiare la tecnica. I metodi non possono andare bene per tutti. Meccanicamente funzioniamo tutti allo stesso modo, ma è la psiche, la mente ad essere diversa e a fare la differenza. Bisogna capire cosa significa cantare, stare su un palco, sapere che cos'è un microfonico, chi è il pubblico. Così come bisogna essere consapevoli di quale sia il proprio repertorio, senza andarsi a infilare in qualcosa che non è nelle tue corde, che può solo nuocerti come artista. I metodi via web possono andare bene per i bassisti, tastieristi, batteristi, ma non per la voce. Io per primo non voglio dare lezioni via internet perché la persona la devi vedere, la devi ascoltare. C'è tutto un mondo fatto di sfumature, di coloriture, tutto un discorso sul diaframma, sulla respirazione, ma è molto difficile far capire questo, farlo passare e non puoi farlo via web. Tutti possono fare musica, è vero. Poi, però succede che l'80% delle band che si creano in questo meccanismo incidono un disco, ma non si esibiscono: la musica non può essere proposta per via virtuale, bisogna valutare l'impatto, la reazione della gente. Solo così puoi davvero capire cosa può piacere, cosa invece non funziona e, in base a questa risposta, devi decidere se il tuo progetto può funzionare o meno.
LFdM: Si ok, ma stiamo anche assistendo ad una diseducazione nel pubblico. Non fa piacere esibirsi davanti a 50 persone, e adesso stiamo assistendo a questo. Gli spalti pieni li fanno veramente in pochi oggi e per poche band. Il nome, oggi si ricerca quello, più per feticismo che per vera passione.
R: fantastico. Ed hai ragione. Però devi anche capire che per alcune band c’è una magia dietro e che si porteranno con loro per sempre. Ho avuto modo di aprire agli Iron Maiden una volta, ero pazzo, mi sentivo come un ragazzino e loro nonostante la fama i soldi, sono sempre gli stessi cazzoni di allora, ho visto Ozzy, stesso discorso, quella gente lì ha qualcosa dentro che oggi non la trovi, perché? Perché fai il disco in 5 minuti, non versi una lacrima, una goccia di sudore, non ci credi... e quando i 5 minuti di gloria sono passati, cadi e ti fai male, malissimo. Quanti sono disposti a rialzarsi? Pochi…ecco dove sta la differenza.
LFdM: Per fare musica bisogna essere un po’ zingari?
R: Sì. Assolutamente. Non schizofrenici eh, ma essere sempre se stessi. Fare cose diverse rimanendo sempre umili, con una vita regolare per quanto possibile e, soprattutto un grande amore per la musica. La vita è corta. Si può fare tutto a 20 anni, ma si può dare qualcosa anche a 40 rimanendo sempre sinceri con se stessi anche dal punto di vista spirituale, raccogliendo qualcosa che in altri modi non potresti mai raccogliere…anche nel privato.
LFdM: Roby che dire? Grazie di cuore, adesso dobbiamo solo "Sapere Aspettare".
R: Grazie a te per questo pomeriggio rilassante. Ci vediamo con il nuovo album a gennaio 2015!
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