Tobias Sammet’s Avantasia
@Alcatraz Milano - 22.3.2016
Live report by Bene (The Sentinel)
Photo report by Alessia Braione (Dora)
Entrare all’Alcatraz dopo aver visto e rivisto le tragiche immagini degli attentati di Bruxelles non è semplice, nemmeno se la band che sta per esibirsi ha costruito la propria discografia su un universo fantastico capace di superare ogni possibile umana immaginazione (ed aberrazione).
Stiamo parlando degli Avantasia del geniale Tobias Sammet, che ritornano in Italia dopo tre lunghi anni di assenza. La recente pubblicazione di “Ghostlights”, atto finale della storia iniziata con il precedente “The Mystery of Time”, è una ghiotta occasione per rivederli in azione e fare un bel ripasso della loro intera discografia con uno show di oltre tre ore senza nessun opening act.
L’Alcatraz rasenta il sold out e nella consueta atmosfera rilassata che si respira fra una birra e due chiacchiere, siamo in trepidante attesa che sul palco già allestito con una meravigliosa scenografia arrivino Tobi e soci, nella fattispecie i chitarristi Sascha Paeth ed Oliver Hartmann, i coristi Amanda Somerville ed Herbie Langhans, il tastierista Miro Rodenberg, il batterista Felix Bohnke ed il bassista Andre Neygenfind. Nel corso della serata si alternano sul palco numerosi ospiti di altissimo livello, caratteristica peculiare del progetto Avantasia fin dalla prima “Metal Opera”.
La partenza col botto spetta a Mystery Of A Blood Red Rose, primo singolo del nuovo album con un ritornello molto catchy. Un vero e proprio boato il mitico Michael Kiske sulle note di Ghostlights: doppia cassa come se piovesse e richiami helloweeniani a profusione confermano l’impressione già avuta su disco, ovvero che questo pezzo è proprio cucito su misura per l’ex cantante delle Zucche di Amburgo. Seguono altri due pezzi nuovi, Unchain the Light e la splendida A Restless Heart and Obsidian Skies con Bob Catley dietro al microfono. Quest’ultimo ci regala anche un’esecuzione da pelle d’oca di The Great Mystery, una delle tracce migliori di “The Mystery of Time” che viene degnamente rappresentato anche da Invoke the Machine.
L’inconfondibile intro dal sapore celtico ci riporta indietro di ben otto anni: con The Scarecrow arriva il turno di Jørn Lande, ex cantante dei Masterplan. Tobias coglie l’occasione per raccontare un aneddoto divertente che riguarda proprio il singer norvegese nonché la genesi della semi-ballad Lucifer, eseguita subito dopo sempre insieme a Lande. The watchmaker’s dream e What’s left of me, affidate rispettivamente a Oliver Hartmann ed Eric Martin, anticipano uno dei tanti momenti topici di una serata già indimenticabile: la storica Stargazers, su cui il buon Tobias si fa un attimo da parte lasciando tutta la scena ai suoi superospiti. Impossibile non citare anche The story ain’t over e Let the storm descend upon you, vero pezzo da novanta di “Ghostlights” in cui Lande torna a fare la parte del leone. Il simpaticissimo norvegese è il protagonista di un altro bel salto nel passato sulle note di Promised land, mentre Kiske ci incanta ancora una volta con l’accoppiata Avantasia - Reach out for the light. Dopo l’emozionante Dying for an Angel su cui Eric Martin dà il meglio di sé, siamo purtroppo giunti alle battute, o meglio, alle note finali.
Lost in Space e il mix corale di Sign of the Cross/The seven angels ci riportano bruscamente dalla fantasia alla realtà.
Ciò che abbiamo vissuto non è stato un concerto metal come tutti gli altri ma una vera e propria festa, una serata che potrebbe essere annoverata senza indugio fra i migliori show a cui molti di noi abbiano mai assistito.
Tutto questo è stato reso possibile in primo luogo dall’indiscutibile qualità del progetto Avantasia (applausi a Felix Bohnke che nonostante la febbre alta non ha sbagliato un colpo) e dal valore di tutti gli interpreti che si sono alternati sul palco, che con i loro stili diversi ma non sempre inconciliabili hanno scritto pagine
importanti nella storia della nostro genere preferito. Last but not least, a Tobias Sammet non manca davvero nulla ed è sempre più difficile trovare un frontman che sappia cantare, intrattenere e soprattutto portare avanti un’opera complessa questa. Ci ha tenuti in pugno dal primo all’ultimo secondo, rendendoci parte attiva ed indispensabile della buona riuscita della serata fra battute, cori e siparietti vari: riuscire a far cantare “Nel blu dipinto di blu” e “Felicità” ad un’orda di metallari è un’impresa in cui soltanto pochi eletti potrebbero uscire vincenti. E lui ce l’ha fatta.
Insomma, nella botte piccola c’è il vino buono…Tobi, ricordati che quello italiano è buonissimo e te ne regaliamo quanto ne vuoi, basta che torni a trovarci prima che ce lo scoliamo tutto!
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